The Witcher, la recensione della terza stagione su Netflix

The Witcher, la terza stagione su Netflix

Era il 20 Dicembre 2019 quando uscì sulla piattaforma di streaming Netflix la prima stagione di The Witcher (trailer). Firmata da Lauren Schmidt Hissrich, la serie aveva ricevuto una calorosa accoglienza da parte del pubblico e dalla critica, grazie ad una scrittura molto dinamica che ricalcava accuratamente i passi più importanti dei romanzi di Andrzej Sapkowski. Con l’aggiunta di una grande interpretazione di Henry Cavill nei panni del protagonista Geralt di Rivia. Ma arrivati alla terza stagione, è ancora così?

Primo episodio. Ci troviamo in un qualche posto sperduto all’interno del Continente. Il trio composto da Geralt, Ciri (Freya Allan) e Yennefer (Anya Chalotra) è in continua fuga dal mondo intero: tutti vogliono Ciri per i loro scopi e su questo si baserà l’intera stagione, divisa in due parti per arcani motivi. Ci si potrebbe dilungare per pagine e pagine nel parlare della trama, dei suoi risvolti, colpi di scena e climax continui, ma la verità è che la terza stagione di The Witcher annoia. I motivi sono molteplici e il paragone con la stagione pilota è quasi doveroso. Come fa una serie iniziata con il botto, con i presupposti di essere una grande pezzo della serialità televisiva come Stranger Things, a far scemare in poche stagioni tutti i suoi punti di forza?

Ciò che ha ucciso The Witcher, o comunque sta facendo perire la serie, altri non è che Netflix stessa. Primo errore fra tutti, è l’addio alla serie proprio del suo protagonista, Henry Cavill, che aveva dato al Lupo Bianco una caratterizzazione interessante, e soprattutto profonda, del personaggio di Geralt di Rivia. Si è perso così un forte punto di contatto con il pubblico e si è lasciato il ruolo abbandonato a sé stesso nelle ultime due stagioni, mostrando un declino già avviatosi tempo addietro. Adagiatosi sugli allori di una narrazione funzionale, come quella della prima stagione che aveva il compito di delucidare tutti gli spettatori su cos’è l’universo di The Witcher, la piattaforma non è riuscita in alcun modo a seguire le premesse che avevano il pubblico.

Già dalla seconda stagione si era perso il fascino di personaggi non canonici, di un linguaggio che univa sapientemente momenti di alta narrazione a situazioni più demenziali, di canzoni del bardo Jaskier, Ranuncolo in italiano (Joey Batey), di battaglie “realistiche” e, soprattutto, di una regia che riusciva ad emozionare, a far immergere gli spettatori nell’universo narrativo con molta enfasi e tanta meraviglia. Le vicende sono diventate via via più piatte, sovradimensionate nel comparto visivo persino per una serie fantasy, dove mancava quasi uno scopo a favore di un’estetica che decontestualizzata perdeva tutto il suo fascino della scoperta. Il lavoro del witcher (che ricordiamo è un mutante il cui scopo è quello di uccidere mostri per denaro) è andato totalmente scemando, lasciando il posto ad intrighi puramente politici sulla falsissima scia di Game of Thrones. La terza stagione si può riassumere in due macro-vicende che si ripetono ciclicamente: battaglie corpo a corpo e dialoghi, infiniti dialoghi dove si parla continuamente delle minacce che incombono, del “cattivo” impero di Nilfgaard che vuole conquistare tutto e di tutte le persone cattive che vogliono Ciri. Fine.

Scene piene di cliché, romanticherie e la forza dell’amore che spinge tutta la trama verso la deriva. Dove sono i mostri? I silenzi di Geralt che tanto avevano incuriosito? Ma, in particolare, che fine hanno fatto le canzoni di Jaskier? Arrivati alla terza stagione tutti gli occhi sono puntati su Ciri che, pur rimanendo un personaggio chiave anche nei romanzi e nei videogiochi, risulta evidentemente di troppo. Con una caratterizzazione pari a zero ed una scrittura del personaggio piattissima, questi 8 episodi scorrono con una lunghezza che sfiora, e talvolta supera, l’ora di durata per episodio, con pesantezza e monotonia ma, prima di tutto, con continua ridondanza. Si torna sempre sugli stessi temi, ma non si approfondiscono mai i nuovi, lasciando che la continua puntualizzazione sui buoni sentimenti e la famiglia tornino a torturare lo spettatore anche durante le scene di guerra e conflitto. Così facendo si è persa tutta la magia che aleggia sul franchise di The Witcher.

Non si spera assolutamente in un miglioramento con l’arrivo di Liam Hemsworth nel ruolo di Geralt, sia perché risulta improbabile che possa restituire un witcher come lo aveva originato Cavill, sia per il fatto che lo stesso ha lasciato la serie proprio per colpa dei disguidi con la produzione, avvenuti a causa della scrittura manchevole e poco accurata nei confronti dei libri, di cui Henry Cavill è sempre stato un grande fan. Il futuro della serie è quantomeno incerto, ma riuscire a salvare il salvabile dovrebbe essere un importante prerogativa di Netflix, che negli ultimi anni sta perdendo molto terreno in confronto alle altre piattaforme di streaming.

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