Fatman, la recensione del film ‘di Natale’ con Mel Gibson

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Il soggetto di Fatman (trailer) è brillante, lo si può ammettere: Chris Cringle (Mel Gibson) è un uomo di mezza età che si lamenta del «declino della società» e della «gioventù bruciata d’America», ha problemi d’alcolismo, negli ultimi tempi è ingrassato ed è Babbo Natale, quello vero. Però sono altri sviluppi che renderanno la trama più strampalata: Billy Wenan (il giovanissimo Chance Hurstfield) è un ragazzino viziato e autoritario, ma soprattutto è eccessivamente competitivo, così tanto da torturare (per davvero) una sua compagna di classe, colpevole di averlo surclassato. Il carattere malsano del giovane Billy lo fa esplodere di collera quando riceve per Natale del carbone, quindi decide di assumere un killer professionista (Walton Goggins, l’antagonista perfetto) per uccidere Babbo Natale.

Il racconto del soggetto solleva una riflessione legittima: qual è il target di riferimento di Fatman? Il film scritto e diretto dai fratelli Ian ed Eshom Nelms è confuso sotto questo punto di vista, perché se da una parte ha alcuni elementi tipici dei film natalizi, dalla crisi dello spirito natalizio al ragazzino trascurato nel periodo più festoso dell’anno, dall’altra il film somiglia a tutti gli effetti a un film d’azione – somiglianza che, nell’ultimo atto, lo rende un film decisamente inadatto a un pubblico più giovane. Per questa confusione, Fatman fa fatica a trovare un proprio pubblico di riferimento, anche perché né l’uno né l’altro carattere sono propriamente riusciti. Il problema è che, se il soggetto è tanto geniale quanto assurdo, il plot e la scrittura non lo sono altrettanto e non riescono a sfruttare la stramberia dell’idea originale. A Fatman manca quella insensatezza che lo avrebbe reso totalmente folle, anche se le premesse c’erano tutte.

Invece, Fatman soffre di una scrittura pigra e decisamente modesta che soffre di un atto centrale estremamente lento. Il peso del plot viene affidato alla ricerca di Babbo Natale, la quale occupa una fase ripetitiva che arriva alla noia. Ci sono delle piccole trovate interessanti, alcune delle quali strappano anche qualche sorriso, però sono decisamente poche per un film con un soggetto così grottesco, quindi presto la visione viene a stancare. Sono però interessanti alcuni aspetti, come la fusione tra realtà e mondo di fantasia, anche se soffrono di caratterizzazioni confuse. Chris ha la barba bianca e un cappotto rosso, ovvero gli elementi tipici dell’immagine classica di Babbo Natale, mentre il Governo (che paga annualmente Babbo Natale per i suoi servizi) appare come l’entità capitalista che sta distruggendo il Natale; afferma una sua esponente «Noi vogliamo lo spirito natalizio, genera spese natalizie». Tuttavia questa e altre critiche sono fini a se stesse.

Fatman avanza e insiste spesso attraverso i contrasti: l’antagonista ragazzino, il quale appare autoritario e potente; la figura di Babbo Natale atipica e disillusa; il «cattivo» che ascolta i capricci di un bambino; il pragmatismo dell’idea di base: Babbo Natale sotto stipendio del governo, le letterine che arrivano a una casella postale fisica, la fabbrica di doni inserita in un contesto verosimile. Fatman però subisce un plot decisamente poco ispirato, che peggiora e rovina irrimediabilmente l’esperienza nel terzo atto, dove il carattere buffo perde la sua attrattiva e dove il film si rivela più goffo del previsto.

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