L’uomo invisibile (qui il trailer), scritto e diretto da Leigh Whannell ed ultimo horror targato Blumhouse, è un adattamento moderno del romanzo L’uomo invisibile di H. G. Wells e reboot dell’omonimo film del 1933. Il film è approdato direttamente su Chili a causa dell’emergenza Coronavirus, un pericolo altrettanto invisibile che in questo difficile momento ha causato la chiusura delle sale cinematografiche.
Cecilia Kass (Elisabeth Moss), intrappolata da anni in una relazione violenta e degradante con il ricco genio dell’ottica Adrien (Oliver Jackson-Cohen), decide di fuggire nel cuore della notte, dopo aver drogato il suo aguzzino. Cecilia trova rifugio a casa del suo amico d’infanzia James, un detective della polizia, e di sua figlia adolescente Sydney. Due settimane dopo Adrian si suicida e lascia a Cecilia 5 milioni di dollari, come recita il suo testamento, gestito dal fratello di Adrian, Tom. Mentre Cecilia alloggia da James le accadono una serie di strani incidenti che la portano a sospettare che l’ex fidanzato sia ancora vivo. Questi sospetti col tempo si fanno sempre più forti, fino a trascinarla inesorabilmente in un vortice di follia.
Dai suoi albori il cinema si è sempre dedicato con passione alle vicende dell’uomo invisibile, a cui molti registi anche di fama (James Whale innanzitutto, ma anche maestri contemporanei come John Carpenter o Paul Verhoeven) hanno dedicato il loro tempo con produzioni a vario titolo riuscite e soddisfacenti. Realizzare l’ennesimo film dedicato all’uomo invisibile poteva in effetti considerarsi una insistenza fuori luogo, una scommessa persa in partenza, invece dopo il teso ed inquietante Upgrade, il regista australiano Leigh Whannell riesce a confezionare un horror che sa risultare accattivante e incalzante grazie ad un intreccio ricco di suspence e tensione.
Tuttavia l’elemento più riuscito è che, a differenza dell’adattamento del 1933, qui il focus è sulla protagonista femminile, una Elisabeth Moss in piena forma e dalle grandi potenzialità espressive, in grado di renderla appropriata per ritrarre un personaggio di donna vittima di stalking. L’uomo invisibile nell’era del MeToo diventa dunque la metafora della violenza sulle donne e non è un caso che la protagonista sia interpretata dalla Moss che ormai, grazie sopratutto al suo ruolo in The Handmaid’s Tale, è diventata un simbolo di ribellione e di emancipazione femminile.
Whannell si concentra molto coerentemente sulla invisibilità ed impalpabilità del suo uomo invisibile, che appare fino ad una buona parte della vicenda come una mera fissazione nella mente ritenuta senza controllo della tormentata protagonista, e rinuncia a eventuali star maschili disposte ad assumerne le pur evanescenti sembianze, come era successo già in passato per star del calibro di Claude Rains per Whale, o Kevin Bacon per Verhoeven. Una scelta narrativa che in questo caso ha fatto la differenza è stata quella di permettere alla Moss di impossessarsi fisicamente del film e della storia, che, per una volta, tiene in sordina il suo uomo invisibile al minimo funzionale necessario per renderlo una minaccia della quale solo noi del pubblico riusciamo a comprenderne le reali dinamiche, assieme alla vittima.
Il regista, grazie anche al direttore della fotografia Stefan Duscio, regala al suo film un look elegante e nitido, quasi geometrico, soprattutto per la prima ora, che è indubbiamente quella più riuscita ed efficace. È la parte in cui Cecilia, apparentemente libera dall’incubo di Adrien, trovato morto suicida in casa sua, si rende conto che l’ansia che prova nel sentirsi sempre osservata e braccata non è solo tutta nella sua testa. La macchina da presa di Whannell si muove, a esplorare spazi vuoti, stanze, corridoi, angoli che sembrerebbero vuoti, ma che vuoti, forse, non sono.
Dopo il grande insuccesso della Mummia, chissà se questa pellicola potrà ridare nuova linfa vitale al progetto del “Dark Universe”, pensato dalla Universal, con cui si voleva dare lustro alle icone horror come Frankenstein, il mostro della laguna nera e Dracula creando un mondo dove tutti questi character convivessero e interagissero tra di loro. Solo il tempo ci potrà fornire un quadro più chiaro su questo progetto, ma per il momento possiamo dire che questo titolo è sicuramente un buon inizio per una nuova partenza.