Utopia, la recensione della prima stagione su Amazon Prime Video

Bisogna ammettere che il tempismo del rilascio della prima stagione (trailer) del remake americano della serie inglese Utopia è perfetto. La nuova versione è molto adesiva con le tematiche del Covid 19: il complottismo e le paranoie che vi ruotano intorno sono un territorio perfetto sui cui far germinare una serie che a tratti sembra riprodurre l’attualità piuttosto che raccontare una storia fantastica. Utopia, visto ai tempi del Covid, è un perfetto manuale del complottista da cui si possono attingere suggerimenti, supposizioni, ispirazioni e modelli comportamentali per sostenere le proprie tesi antivirali. In alternativa possiamo goderci un bel thriller fantastico consapevoli che le multinazionali non ci vorranno mai bene come la nostra mamma, ma nemmeno hanno diabolici piani sull’umanità… a parte volerci svuotare la carta di credito vendendoci 666 varianti di bassa qualità di Baby Yoda e così via.

Nel mondo dei fumettari e degli appassionati della cultura postmoderna nerd esiste una leggenda, un fumetto di cui furono prodotte pochissime copie con una una storia terribile ed inquietante, una grafica innovativa ed un numero enorme di easter eggs che svelavano profeticamente alcuni dettagli sul futuro dell’umanità: Distopia è da sempre il fumetto maledetto e misterioso per eccellenza. Si dice che sia stato scritto da un geniale virologo, che abbia inserito nei disegni codici ed informazioni atte a provare che tutte le epidemie del mondo moderno sono collegate da un disegno oscuro di una piccola loggia di potere.

Si dice che la figlia del virologo sia la leggendaria Jessica Hyde (Sasha Lane), cresciuta in fuga fra un omicidio e l’altro e che sia sempre inseguita da un inquietante figura nota in codice come Mr. Rabbit, il mostro dietro ai contagi del mondo, l’abominio che condiziona le nazioni e l’economia con le sue provette, insomma il male incarnato del 2020. Sembra che Jessica sia la chiave di tutto, sia per distruggere Mr. Rabbit che per risolvere gli enigmi del fumetto. Ma in realtà la storia non si è mai conclusa, le sue profezie si sono avverate ma il finale non è mai stato letto da nessuno. Tutto questo fino a pochi giorni fa, quando una coppia di giovani sposini ha ereditato una vecchia casa e vi ha trovato all’interno il manoscritto originale di Utopia: il finale perduto di Distopia. Gli annunci in rete sono esplosi, il comicon che ospiterà l’evento ha fatto il tutto esaurito e l’albergo in cui si terrà l’asta per il manoscritto pullula di nerd, cosplayer, complottisti, esperti e mitomani. Il fumetto con i segreti sul futuro del mondo sta per essere rivelato.

Utopia

Dennis Kelly è il nome dietro al progetto originale inglese nonchè produttore esecutivo della nuova serie americana realizzata per Amazon Prime Video. Kelly è uno dei più apprezzati drammaturghi teatrali inglesi, ha scritto opere di grande risalto come Osama the Hero, Taking Care of Baby e l’amatissima Orphans rappresentata costantemente anche in Italia. La Royal Shakespeare Company ha assegnato a Kelly alcuni anni fa l’incarico di sviluppare una coraggiosa riscrittura di King Lear intitolata The Goods Weep, le prime rappresentazioni furono con Jeremy Irons, l’opera è oggi considerata una delle più interessanti variazioni di Shakespeare mai create.

Il fumetto come strumento di diffusione di contenuti ideologici o propagandistici esiste dalla Seconda Guerra Mondiale, non dimentichiamoci che la prima copertina di Capitan America ritraeva il capitano rompere la mascella di Hitler. Ma negli anni ottanta durante lo sviluppo del neoliberismo e l’ascesa politica di Margaret Thatcher, due giovani scrittori spinsero l’utilizzo dei comics verso nuovi territori: Neil Gainman e Alan Moore (di cui abbiamo parlato nel pezzo su Watchmen). Questa nuova generazione di autori inglesi cominciò a scrivere fumetti intendendoli come letteratura della classe operaia.

Erano i lavoratori più umili oltre ai bambini a sfogliare diffusamente i fumetti in quegli anni. Moore e Gainman cominciarono a scrivere storie a sfondo politico e sociale rivolte ad una classe di lavoratori, fra le più afflitte dalle conseguenze del neoliberismo per portarli ad una diversa coscienza politica e della loro condizione nella società. Di lì a poco altri giovani talenti seguirono il loro esempio ed i fumetti si diffusero nelle università e fra i più giovani intellettuali inglesi. Non stupisce quindi che Kelly abbia scelto un contesto come quello dei fumetti per sviluppare una storia di cospirazione, paranoia e rivoluzione sociale avendo alle sue basi una letteratura verosimilmente molto simile.

Il nuovo adattamento di Utopia viene semplificato per lo spettatore americano: alcune complessità sulle lobby di potere e lo spionaggio politico spariscono completamente, così come alcuni personaggi evidentemente troppo raffinati e complessi, a favore di figure ed ambienti più semplici e diretti. Anche i protagonisti vengono parzialmente riscritti a favore di figure più commestibili con i gusti americani.

Utopia

Nella prima puntata inglese la serie comincia con un momento degno di un film di Tarantino ed un massacro intelligente ed organizzato in una piccola fumetteria di periferia, una soluzione forse troppo teatrale o minimalista per la versione americana, che preferisce un massacro stile stab movie in una mostra del fumetto, con tripudio di personaggi assurdi spietatamente massacrati dai killer in cerca di Utopia. Anche la figura di Jessica Hyde è più sporca e disturbata, virata verso il punk, senza educazione sentimentale, in grado di essere un pericolo mortale tanto per i cattivi quanto per i nerd che cercano goffamente di aiutarla. Nei primi minuti della serie la diffusione della notizia del ritrovamento del fumetto ed il seguente massacro non si limita a citare classici come Halloween e Venerdì 13 ma costruisce un diagramma di omicidi che riporta genialmente lo schema di diffusione di un virus.

Per la versione americana la guida del progetto passa da Dennis Kelly a Gillian Flynn, già nota per le sue sceneggiature di L’amore bugiardo – Gone girl, Widows ed il pregevole Sharp Objects. La riscrittura di Flynn adatta la costruzione di Kelly ad un nuovo mercato e se da una parte priva l’opera del suo affascinante minimalismo, dall’altra lo spinge verso soluzioni adrenaliniche e spettacolari del tutto nuove più adatte al gusto del pubblico di Amazon, che consentono anche a chi ha già visto la serie originale di seguire la nuova storia grazie a delle variazioni della trama e dei personaggi che permettono una nuova immedesimazione ed imprevedibilità.

Nonostante i cambiamenti alcuni elementi di culto della serie sono rimasti invariati e una delle scene più famose della serie originale inglese, che mostra una tortura che culmina con un occhio cavato con un cucchiaio, viene riproposta solo con qualche piccola variante. In entrambi i casi si tratta di un evidente omaggio alla scena omonima del King Lear, non abbiamo dubbi su questo legame dati i precedenti professionali di Dennis Kelly. La scena serve come cruenta metafora della cecità all’evidenza della cospirazione e come codice nascosto per decodificare i sottotemi che Kelly come la Flynn nascondono fra una scena e l’altra (un po’ come i messaggi in codice del fumetto).

John Cusak interpreta il Dr. Christie, una figura diabolica e manipolatrice, in parte guru della comunicazione ed in parte psicopatico compulsivo ossessivo, si tratta di un cattivo di grande magnetismo ed efficacia del tutto inesistente nella versione inglese, il suo peso specifico nella serie è preponderante ed è da solo un buonissimo motivo per rivedere la storia se si ha già un legame con la serie originale. In diretta contrapposizione con la figura interpretata da Cusak c’è un’altro nuovo personaggio interpretato dal capace Rain Wilson: Il Dottor Smith, che già dal nome esprime la sua apparente natura anonima, ma che si rivelerà determinante per contrapporsi a Christie, insieme infatti i personaggi rappresentano i due volti morali della ricerca medica.

Non ci si vuole inoltrare oltre per non togliere la sorpresa allo spettatore, ma la serie si mostra di alto livello fino all’ultima sequenza offrendo allo spettatore spunti di rilievo e di notevole attualità.

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