L’importanza della televisione nella società: il caso di Sanremo e l’Albania

Il Festival di Sanremo, sin dalle prime edizioni, ha il grande privilegio di portare le canzoni dei suoi concorrenti fuori dai confini italiani. Prendendo in considerazione il ruolo che la televisione – e il festival di Sanremo – ha avuto per l’Albania, un esempio di questo successo può essere rappresentato da Alketa Vejsiu, co-conduttrice trentaseienne di origini albanesi, scelta da Amadeus per affiancarlo nella terza serata del Festival 2020, insieme a Georginia Rodriguez (qui un’analisi del 70° Festival di Sanremo).

Alketa Vejsiu ha catturato l’attenzione di tutti sin dal suo ingresso sul palco del Teatro Ariston. Ha colpito soprattutto il suo modo di parlare un italiano perfetto, una loquacità naturale, disinvolta, spontanea; qualità che hanno impressionato  anche lo stesso Amadeus che è stato quasi sovrastato dalla presenza della co-conduttrice.

È apparsa subito, poi, un’estrema riconoscenza verso quel Festival di Sanremo che le aveva permesso di coronare il suo sogno, come lei stessa dice: “Per me questo è il punto più altro della mia carriera professionale”.

L’importanza che il Festival di Sanremo ha avuto per un paese come l’Albania ce la spiega la stessa Alketa in un monologo andato in scena nella tarda serata e che sembrava davvero venire dal cuore; andava oltre il semplice scopo musicale e commerciale che notoriamente il festival ha. La presentatrice ha elogiato in tutti i modi il Festival e il modo in cui la musica “abbatte le frontiere”.

Dalle parole della Vejsiu si capisce che gli albanesi, in un passato abbastanza recente, vivevano in un posto surreale: “C’era una volta un Paese dove ascoltare la musica di Baglioni e Celentano diventavi nemico del popolo, potevi finire in prigione, questo poteva costarti la libertà. Sembra assurdo oggi, ma era veramente così se vivevi nell’epoca della dittatura. C’era un Paese dove se eri bionda eri sospettata perché bionda era Raffaella Carrà. C’era una volta un Paese dove si imparava l’italiano ascoltando minuto per minuto le trasmissioni della Rai – su Festival di Sanremo poi – dove Sanremo è sempre stato Sanremo anche quando eravamo costretti ad ascoltarlo di nascosto, dopo aver chiuso porte e finestre. Questo era il prezzo da pagare se vivevi in quegli anni bui”. 

Sanremo quindi diventava un momento di avvicinamento a quel mondo ideale che c’era al di fuori dell’Albania e che tutti sognavano.

In 5 minuti Alketa Visjiu ha esposto il suo amore per l’Italia, la sua estrema riconoscenza per quel Paese che gli albanesi hanno imparato a conoscere grazie alla televisione, sempre dalle sue parole: “Grazie Italia perché ci hai dato tanto, hai illuminato il nostro cammino con la tua cultura e la tua arte, la tua bellezza e la tua musica”. Attraverso la televisione hanno avuto l’opportunità di guardare oltre il loro modo di vivere e hanno cominciato a sognare una vita migliore.

Con questo discorso si capisce tutta la potenza di un medium come la televisione che aiuta a guardarsi intorno, aiuta ad ambire ad un miglioramento dei propri stili di vita, dei propri modi di fare. Tutto attraverso la visione di un Festival che nonostante appaia frivolo, nonostante appaia superficiale, nonostante sembra essere sempre lo stesso, va avanti da 70 anni e questo episodio è la dimostrazione che il Festival di Sanremo va oltre il semplice show musicale.

Il ruolo sociale avuto dal medium televisivo nei confronti del popolo albanese è molto simile a quello che lo stesso medium ha avuto per gli italiani degli anni Cinquanta. La televisione italiana in Albania ha portato gli albanesi a percepire l’Italia come posto migliore in cui vivere senza costrizioni e senza aver paura di essere arrestati per motivi futili.

Anche Bobby Solo diventa importante in questo contesto perché la sua canzone diventa “metafora del dolore, con la tragedia ripetuta di Otranto che divorava vite umane che naufragavano nella speranza di trovare nella terra di fronte la terra promessa, un faro di salvezza: l’Italia”.

Discorso Alketa Vejsiu

“Io sono qua per raccontare la mia storia. C’era una volta un paese dove ascoltare la musica di Baglioni e Celentano diventavi nemico del popolo. Potevi finire in prigione. Questo poteva costarti la libertà. Sembra assurdo oggi ma era veramente così se vivevi nell’epoca della dittatura. C’era un paese dove se eri bionda eri sospettata perché bionda era la Raffaella Carrà. C’era una volta un paese dove si imparava l’italiano ascoltando minuto per minuto le trasmissioni della Rai. Dove Sanremo è sempre stato Sanremo anche quando eravamo costretti ad ascoltarli di nascosto, dopo aver chiuso porte e finestre. Questo era il prezzo da pagare se vivevi in quegli anni bui.

Ed io oggi sono qui per dirvi grazie. Grazie Italia per aver tenuto accesi i nostri sogni in quell’epoca perché voi non ci avete abbandonato mai. Non lo avete fatto quando ne avevamo bisogno e prendevamo le navi per raggiungere le coste di fronte per trovare le opportunità di vivere. Grazie Italia perché ci hai dato tanto, hai illuminato il nostro cammino con la tua cultura e la tua arte, la tua bellezza e la tua musica.

Già la musica e se stasera sono qui, su questo palco è per dire grazie Saneremo, perché per tutti noi che ti abbiamo sognato al di la del mare non sei solamente il tempio della canzone italiana ma anche un simbolo, un esempio di integrazione, dove un giovane ragazzo, partito con la nave è sbarcato qui in Italia e ha realizzato quello che poteva sembrare impossibile per il mio paese. Quel ragazzo che è ormai un grande della musica italiana si chiama Ermal Meta e con la sua vittoria nel 2018 ha risollevato lo spirito e l’orgoglio degli albanesi. Noi che tifiamo sempre, non solo per la vostra musica ma per tutto quello che vi appartiene. Noi che anche ai mondiali di calcio, ogni volta che gli azzurri segnano un gol, quello è anche il nostro gol. Sono qui stasera per dare un messaggio di amore, perché la musica cancella i confini che separano i popoli e le nazioni. La musica non costruisce muri: di Berlino, in Messico, così i popoli si possono amare, si possono voler bene.

La musica non ha bisogno di passaporti, di visti, di bandiere, semplicemente si diffonde e canta l’amore, ai sogni, alla vita, e ci insegna a volere, ad amare, a volare. Ed oggi che il mio paese fa parte della grande famiglia europea, perché io lo sento che è così.

Sono volata qui stasera per essere dentro questo sogno e mentre vi parlo mi viene in mente una canzone che Bobby Solo cantava proprio qui su questo palco. Ricordo che mio padre lo amava e la cantava spesso. Un giorno ricordo che gli chiesi di spiegarmi il significato di questa canzone e lui mi rispose che “la lacrima che arriva da un cuore spezzato cresce e diventa un mare. Io con l’ingenuità di una bambina gli risposi “ecco perché la lacrima è salata” e così quella lacrima è diventata per me la metafora del dolore, con la tragedia ripetuta di Otranto che divorava vite umane che naufragavano nella speranza di trovare nella terra difronte la terra promessa, un faro di salvezza: l’Italia.”

Alketa Vejsiu, Sanremo 2020

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