#RomaFF18: Roma, santa e dannata, la recensione del film di Daniele Ciprì

In una passeggiata attraverso la città deserta illuminata dalla luce gialla dei lampioni, il giornalista Roberto D’Agostino racconta all’amico e critico cinematografico Marco Giusti la Roma nascosta dei locali notturni. È questa l’intrigante premessa del documentario di Daniele Ciprì Roma, santa e dannata, che esplora l’immaginario e l’effettiva realtà notturna di una metropoli sui generis come Roma, simbolicamente divisa fra storia, religione e lussuria.

Roberto D’Agostino è il Virgilio di Marco Giusti in questo addentrarsi nella Roma infernale, lui che l’ha frequentata e vissuta nei suoi anni più decadenti. Non mancano però le testimonianze dei veri protagonisti della movida romana, in particolare quelle dei personaggi più in vista a cavallo degli anni ‘80: Vera Gemma, Vladimir Luxuria, Sandra Milo, Enrico Vanzina, Carlo Verdone. Ognuno di loro riporta in modo schietto e senza peli sulla lingua la propria esperienza all’interno della vita notturna romana di quegli anni, facendo nomi di locali, di altre personalità dello spettacolo che partecipavano alle feste e descrivendo con immagini molto nitide e vivaci alcuni dei momenti di trasgressione più alta. 

Non è un caso che gran parte dei luoghi citati dai personaggi intervistati si trovassero proprio a ridosso del Vaticano. Ancor più di oggi la vera autorità morale non era quella rappresentata dal corpo politico (diversi esponenti del quale godevano tra l’altro della variegata offerta di attività notturne della capitale), bensì dalla forte impronta cattolica del paese generata dall’onnipresenza storica della Chiesa. Così più si era vicini al grande occhio di San Pietro più era facile e quasi inevitabile mettersi in mostra e darsi alla trasgressione più sfrenata.

Una delle testimonianze più interessanti e coinvolgenti è quella dell’attore toscano Massimo Ceccherini, che ci regala tutta la sua spontaneità e naturalezza davanti alla macchina da presa ma soprattutto un ritratto grottesco della movida più disinibita, con un racconto che spazia dal comico al drammatico in poco tempo. Il montaggio alternato delle diverse testimonianze, alcune decisamente divertenti come gli aneddoti di Verdone, altre, proprio come quella di Ceccherini, più cupe, crea un senso di straniamento nello spettatore ma anche una certa etica o guida di sopravvivenza della Roma notturna degli anni ‘80, che ci dà quindi una panoramica molto ampia e per certi versi sorprendente della società italiana di quel tempo. Il dinamismo di Roberto D’Agostino durante le interviste si rivela fondamentale per questo processo, rendendo tutta la narrazione più snella, frenetica e appassionante, a dimostrazione che il genere documentario diventa noioso solo quando la narrazione lo è.

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