Netflix, le piattaforme streaming e la rivoluzione dell’entertainment

netflix

Netflix è attualmente la maggior piattaforma di streaming al mondo contando 125 milioni di utenti abbonati e mantenendo un catalogo molto vasto sul versante cinematografico e seriale. Ad oggi vi sono diverse piattaforme di streaming che le fanno da competitor tra cui Prime Video, Apple Tv+, Disney+ e tante altre ma a Netflix e ai suoi fondatori, Reed Hastings e Marc Randolph, si deve riconoscere l’originalità di aver pensato per la prima volta ad una piattaforma online in grado di permettere a chi ne usufruisce di poter godere di più prodotti contemporaneamente, pagando un’unica quota d’abbonamento.

Netflix nasce come servizio di DVD e videogiochi a noleggio nel 1997 ma poco dopo abbandona questo percorso e si dedica alla vendita online e dunque alla vendita e spedizione di dischi direttamente a casa dell’acquirente. Un passo avanti è stato fatto. Ma non sarebbe meglio se, anziché acquistare ogni singolo prodotto, pagando un’unica quota mensile, si usufruisse di un maggior numero di film? Questo è il ragionamento che porta Reed Hastings ad aprire la piattaforma streaming intorno al 2008, arrivando a contare un ampio numero di iscritti nell’arco di alcuni anni.

Netflix così si cimenta prima di tutti gli altri nel settore della distribuzione e dopo in quello della produzione, per la prima volta intorno al 2013. House of Cards è la prima serie prodotta e distribuita da Netflix che ha avuto moltissimo successo negli USA, da lì ne seguono altre finché la piattaforma nel 2015 arriva in tanti paesi europei, tra cui l’Italia, sebbene con un catalogo inizialmente più circoscritto.

I diritti di molte serie americane nel nostro paese erano infatti legati a realtà differenti come SKY e Mediaset, che non permettevano di poter inserire determinati prodotti sulla piattaforma. I rapporti con le varie aziende televisive però negli anni si sono evoluti ed ora, anche in Italia, Netflix può giovare di un ottimo catalogo.

Grazie al caso di Netflix, diversi sono gli elementi di interesse che si possono osservare: come lo streaming abbia cambiato la percezione del film, del consumo del prodotto in casa o fuori dalle mura abitative; come il cinema con la C maiuscola non venga più frequentato con la regolarità di un tempo; come e perché diversi registi abbiano optato per la piattaforma streaming piuttosto che per la distribuzione in sala; e, infine, come la fruizione online stessa può evolversi nel corso degli anni a venire nelle sue accezioni positive e negative.

Prima di tutto dunque la domanda da porsi sarebbe: che cos’è un film oggi? La visione di un film ad oggi sembra più rappresentare un vuoto da colmare durante la giornata, una forma di distrazione e svago per il cittadino medio. Il cinema sin dalla sua nascita aveva lo scopo di portare la gente dove non poteva, si pensi ai “Phantom ride” e alle famose vedute dei fratelli Lumière. Solo dopo diversi anni lo spettatore ha smesso di essere sorpreso e ha cominciato a chiedere qualcosa di più articolato, concretizzando dunque il passaggio ad un modello di rappresentazione “istituzionale”, come lo definisce lo studioso e critico cinematografico Noël Burch.

La situazione odierna presenta una variegata forma di cinema, dal puro intrattenimento, anche casi in cui è richiesta la partecipazione attiva dello spettatore (Black Mirror: Bandersnatch), al cinema più personale come i recenti casi di Wes Anderson e Bong Joon-Ho. Il film sulle piattaforme però viene associato a qualcosa che può essere praticato in qualsiasi momento della giornata, all’interno del quotidiano, ciò da un lato permette di vedere lo stesso prodotto più volte ma lo si vede con meno razionalità e criterio di giudizio rispetto a come è percepito dallo spettatore in sala.

La sala. A proposito di quest’ultima sembra ormai essere frequentata giusto nei casi in cui il film può realmente interessare ma soprattutto non c’è più la medesima regolarità di un tempo. Negli ultimi anni in Italia, soprattutto nelle regioni meridionali, moltissime sale sono arrivate a chiudere, per non parlare dei blockbuster o dei negozi che noleggiano DVD, sempre inferiori poiché “futili”. Il cinema sembra più assomigliare ad un tempio sacro abbandonato, con pochi fedeli che ancora valorizzano i benefici dell’esperienza sonora e visiva.

Come scrive il docente Valerio Sbravatti in un suo saggio, l’immersione sonora consiste in un prolungamento dello spazio filmico che permette allo spettatore di prendere parte agli eventi anche a livello emotivo, si tratta di “bagni sonori” resi possibili grazie agli impianti a canalizzazione surround 5.1, lo standard sonoro delle sale cinematografiche. Nelle proprie case invece, a meno che non si sia dotati di sistemi uditivi e visivi di grande livello, la visione è limitata ad uno schermo più piccolo e ad un sonoro meno immersivo, più fai da te. Il silenzio, il buio, così come i sistemi sonori più spettacolarizzanti, sono mezzi che facilitano il coinvolgimento dello spettatore in sala e una visione più profonda, che permette di vivere diversamente la pellicola, farla propria. Come direbbe Walter Benjamin, si sta perdendo il valore “auratico”, che se per il teatro corrisponde al rapporto attore-spettatore nel cinema equivale alle condizioni visive e uditive dei quest’ultimo, le quali richiamano allo stato del sognatore: fermo, immobile, al buio.

Infine, come può evolversi tale situazione dell’entertainment e delle piattaforme streaming? Faranno scomparire definitivamente il cinema?  Ebbene, già alcuni registi tra cui Martin Scorsese (The Irishman, 2019) e Vince Gilligan (El Camino,2019) hanno optato per non distribuire il film in sale. La scelta di Scorsese è più che altro una sorta di esperimento per vedere se questa manovra potesse funzionare o no. Si può dire apertamente che la pellicola in questione non è del tutto adeguata per la visione su una piattaforma, motivo per cui i fan Netflix più attivi l’hanno reputata noiosa e prolissa, e aldilà dei gusti soggettivi ciò riflette a cosa un utente medio è abituato, ciò che consuma con maggiore velocità e piacere. Qualcosa di più immediato o di frazionato in più episodi, motivo per il quale in questi contesti vanno molto più forti serie tv oppure pellicole di una durata massima di 2 ore. Gilligan invece volendo semplicemente chiudere un testo narrativo e  consapevolmente al fatto che il suo El Camino sarebbe stato un azzardo, preferisce distribuire il prodotto su di una piattaforma ed in questo caso la scelta è risultata ancora più saggia, onde evitare rischi di incassi al botteghino ed ulteriori polemiche. Il cinema può essere sì una forma d’arte, un prodotto estetico che va interpretato sul piano semiotico/connotativo, ma rimane pur sempre frutto di un’industria del settore che guarda al guadagno, al profitto.

I casi di Scorsese e Gilligan ci permettono di capire quanto le logiche produttive possono influenzare su certe scelte e come in futuro ciò potrebbe portare sempre più registi ad optare per le piattaforme streaming, che hanno persino ricevuto candidature agli Oscar negli ultimi anni. Il cinema per come lo si conosce ad oggi rimarrà lo stesso per ancora un po’ di anni, ciò di cui possiamo stare certi è che non mancheranno novità come nuovi tipi di esperienze percettive in cui potrebbe essere sollecitata sempre di più la nostra partecipazione diretta oppure stravolgimenti dei codici tradizionali narrativi che avranno bisogno di un ulteriore analisi in merito. A tal proposito Reed Hastings pubblicherà un libro sul fenomeno dell’entertainment: No Rules Rules: Netflix and the Culture of Reinvention, sicuramente molto utile per analizzare ancora meglio cosa è intrinseco al fenomeno di “reinvenzione dei prodotti audiovisivi”.

Ti potrebbero piacere anche

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Ho letto la privacy policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali ai sensi del Regolamento Europeo 2016/679 (GDPR) e del D.Lgs. n. 196 del 2003 cosi come novellato dal D.Lgs. n. 101/2018.