Napoleon, la recensione: un’opera barocca ma incompiuta

Napoleon, la recensione del film

1789, Rivoluzione Francese. In mezzo alla folla ruggente che assiste e chiama a gran voce la decapitazione di Maria Antonietta, appare il volto di un uomo. È l’allora comandante di artiglieria corso Napoleone Bonaparte (Joaquin Phoenix), che osserva la scena con uno sguardo di superbo disprezzo ma anche di malinconica premonizione: il tragico spettacolo a cui sta assistendo è il fatale destino che lo attende nel suo glorioso futuro. La fine di un’era, rappresentata dalla lama della ghigliottina che si abbatte sulla testa dell’ultima aristocratica dell’ancien régime, è il teatro in cui si manifesta quasi come una presenza fantasmatica il futuro condottiero, che porta dentro di sé, già dalla sua prima apparizione, il seme della decadenza. Il fatto che, con molte probabilità, Napoleone non avrebbe mai potuto essere presente in quel momento forse non è un semplice anacronismo, ma una precisa scelta drammaturgica di connotare la realtà storica di sfumature irreali e simboliche, profetiche. 

È con una certa solennità, dunque, che esordisce Napoleon (trailer), il nuovo film di Ridley Scott, che tenta, sul solco di illustri predecessori, di ripercorrere la storia del condottiero francese. Produce Apple Tv+, che, dopo essersi occupata di un altro kolossal come quello appena uscito di Martin Scorsese (Killers of the Flowers Moon), torna a lavorare su un’opera monumentale, con grandi nomi nella regia e nel cast, grandi ambizioni e larga durata, per proseguire la legittimazione artistica e autoriale del suo catalogo nel migliore dei modi. Perché si, Napoleon è un film barocco, vasto, esagerato, ma è proprio il suo essere così eccessivo ed imperfetto ad essere croce e delizia della sua riuscita 

Diciamolo subito: le scene di guerra sono la portata più succulenta dell’intero pasto. Affascinanti, enfatiche e spettacolari battaglie campali di vastissime proporzioni, erompono dallo schermo cinematografico e inondano i sensi dello spettatore, senza mai risultare piatte. In particolar modo, è nella magistrale regia della vittoria di Austerlitz, punto di svolta del prestigio napoleonico nell’Europa moderna, che esplodono la brillante strategia militare e la potenza tragica e mortifera del generale corso. Gli inserti bellici, però, danno anche un effetto di abbozzato resoconto storico, fin troppo centellinato nell’economia complessiva del film: l’ascesa e la caduta di Napoleone vengono liquidate con eccessiva superficialità, soprattutto di fronte a momenti (come quello dell’auto incoronazione a imperatore di Francia) che avrebbero meritato un focus maggiore e che ben si prestavano a una resa cinematografica.  

Napoleon, la recensione del film

Le incredibili sequenze dal grande respiro epico, infatti, non sorreggono il vero centro nevralgico della narrazione: nelle intenzioni di Ridley Scott e David Scarpa, esso sembra più essere il conturbante rapporto tra il protagonista e Giuseppina (Vanessa Kirby), che occupa la gran parte del minutaggio, a riprova del fatto che la gloriosa ma fugace carriera di Napoleone ruotasse tutta intorno alla sua prima moglie e alla sua attrazione per lei. Nel paratesto che chiude il lungometraggio viene significativamente dichiarato che “Le sue ultime parole furono Francia… Esercito… Giuseppina”: in questo inusuale ritratto decadente, Napoleone è soprattutto un amante sessualmente eccitato, geloso e possessivo. Con un atteggiamento sanguigno e morbosamente libidinoso verso la donna, assomiglia ad un adolescente irascibile e capriccioso, un personaggio patetico che non aspira alla gloria per il proprio Paese, ma per dimostrare la sua potenza all’amata. Tra insicurezze e patemi quasi puberali (chiede alla seconda moglie Maria Luisa se è bello come nei ritratti, esattamente come un ragazzo odierno sarebbe preoccupato di non essere attraente quanto il suo avatar social), Joaquin Phoenix restituisce il volto di pietra di un uomo irrisolto in lotta con un ego sproporzionato, che guida tutte le sue scelte di vita e che lo condurrà ad una solitaria fine.

Lo sfarzo della messa in scena, posto in gioco per le sequenze d’azione, quindi, diventa kitsch e grossolano nel core della pellicola (l’intima relazione tossica tra i due), e certi momenti diventano decisamente inspiegabili e al limite del ridicolo. I passaggi più coinvolgenti rischiano di passare in secondo piano di fronte alla frivolezza generale e all’incompiutezza con cui vengono trattati gli episodi più interessanti della vita di Napoleone: la considerazione finale è che, nonostante a tratti risulti molto affascinante, il tutto non è indimenticabile come avrebbe potuto essere un biopic di queste dimensioni

In sala dal 23 novembre.

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