Lourdes (trailer) è l’ultimo travolgente documentario di Thierry Demaizière e Alban Turlai. Ambientato nel santuario di Lourdes, quel rifugio ove ogni hanno milioni di persone vengono accolte in occasione del pellegrinaggio, durante il quale un’ampia ma stretta comunità di credenti cerca una speranza di vita nel contatto con la Vergine Maria. Tuttavia, questo non è un film sul santuario o sui 70 miracoli di Lourdes che la Chiesa ha riconosciuto; non è un film sulle guarigioni e neppure sulla religione.
Questo film parla di persone, di speranze e di motivi; non avanza nessuna domanda in relazione alla fede o alla natura mistica del rito, ma si propone di dare una risposta al quesito “perché?”. Per quale ragione milioni di pellegrini si radunano annualmente in questo santuario? Da cosa è mossa la loro speranza? Le soluzioni che si rintracciano nel documentario, parlano al cuore dello spettatore.
Lourdes, si diceva, non è un film sulla religione cristiana, ma sulla comunità dei credenti. Il sentimento del pathos non fa appello alla fede degli spettatori, ma alla loro umanità. Vengono superati i limiti della fede cristiana, affinché le stesse emozioni possano raggiungere ogni tipo di sensibilità. Certo, la religione impregna di sé ogni scena del film, ma si potrebbe dire lo faccia in maniera contingente, in virtù della natura del rituale stesso.
Lo spettatore si trova dinnanzi a uomini e donne le cui vite sono afflitte da malattie, proprie o dei propri cari, da disagi fisici o psicologici, o entrambi. Anime che per una settimana all’anno formano una comunità solidale a tempo determinato (il pellegrinaggio dura una settimana), nella quale trovare un proprio spazio di accettazione. Quello che i registi scelgono di enfatizzare è un mondo di persone emarginate, invisibili, dimenticate, le quali si recano in un luogo di culto per sperare in una guarigione divina laddove la medicina non può più intervenire. Queste persone, però, non sono inquadrate attraverso un’ottica di straniamento, non viene questionata l’inviolabile sacralità delle loro aspettative, anzi, se ne indagano i motivi di fondo, l’essenza della loro fede umana. È un’opera che parla tanto di anime pie quanto di peccatori, rendendo universale la divulgazione di un sentimento tragico al quale, in veste di spettatore, è difficile sottrarsi.
Quella che si crea a Lourdes è una comunità fondata sull’amore e sulla fratellanza. Le forti immagini del film costituiscono un richiamo alla solidarietà nei confronti di chi ha più bisogno; un invito all’integrazione e all’accoglienza nella società di vite deboli, che subiscono con sofferenza la diversità. Il film rappresenta un elogio all’esistenza (e alla resistenza), così fragile ed imprevedibile. Alcune delle persone che Demaizière incontra sono a un passo dalla morte, eppure queste vite non paiono così distanti dalle nostre; i loro racconti non sono ascetici, ma palpitanti di razionalità, saturi della voglia di vivere.
Gli autori conducono lo spettatore verso un’empatia e una familiarizzazione nei confronti delle storie incredibili delle persone che incontrano, attraverso uno stile di regia soggettivo e sempre autentico. La macchina da presa esamina i volti senza giudizio, promuovendo lo spettatore a soggetto partecipe sia degli eventi che dei sentimenti. Attraverso l’operazione di contiguità tecnica, il film riesce ad ovviare al rischio di rendere la fruizione impersonale a causa della distanza da eventi ed emozioni appartenenti, il più delle volte, a realtà estranee.
Un documentario, dunque, che affronta il tema religioso attraverso il suo significato più profondo: l’amore solidale; che naturalizza tutte le differenze, fisiche, psichiche o identitarie, nel concetto d’uguaglianza del genere umano; che esorta ad allontanarsi dalla futilità della materia per avvicinarsi alla fede negli uomini.
L’unicità dell’opera di Demaizière e Teurlai verrà valorizzata dall’uscita in sala del film come evento speciale, nelle sole date del 24-25-26 febbraio.