Frozen 2- Il segreto di Arendelle, la recensione

Frozen 2- Il segreto di Arendelle, la recensione

Sono passati nove mesi dall’uscita di quel famoso teaser dedicato al sequel della storia di Elsa e Anna (uscita per la prima volta sugli schermi sei anni fa). Un teaser in chiave dark, che sembrava poter avere toni e tematiche affini anche ai vecchi fan Disney, ormai cresciuti. Frozen 2 – Il Segreto di Arendelle (trailer), nelle sale italiane dal 27 novembre, tuttavia non fa altro che deludere queste aspettative, in una storia che perde freschezza e che risulta appesantita da troppi collegamenti poco approfonditi.

Il film inizia con un tuffo nel passato, con qualche richiamo al precedente film, come la famosa frase “Facciamo un pupazzo di neve?”. A livello di luci e di trama, all’inizio sembra rispettare le speranze di quel pubblico di bambini ormai adulti. Non solo graficamente si tende a colori più scuri e all’utilizzo di ombre, ma vengono citate foreste incantate e qualcosa che è stato tradito e che va scoperto. Da qui una canzone ci raccorda nel presente, dove ritroviamo Elsa, turbata e sperduta, ossessionata da una voce ancestrale e ricorrente che solo lei sembra sentire. Dopo un’introduzione, sempre cantata, degli altri personaggi che avevamo lasciato alle spalle con il primo capitolo, si entra nel vivo della storia, dove però si ha una perdita di freschezza e naturalezza. Questo soprattutto a causa dei dialoghi, che cercano la battuta su temi della nostra quotidianità, come l’utilizzo dei dispositivi elettrici da parte della nuova generazione che, alla fine del film, catapultano quel mondo che pareva incantato in un nostro presente in una maniera goffa e priva di una “semina” ben gestita.

Si parte a questo punto verso l’ignoto per scoprire se stessi e le proprie origini, in uno scontro con il proprio passato e in un’analisi attuale della natura che, come afferma il produttore Peter Del Vecho, “diventa un vero e proprio protagonista”, che, aggiunge la regista e sceneggiatrice Jennifer Lee, permette di rendere Anna ed Elsa più umane e vicine a noi. Da qui, se la grafica assume in molti punti un aspetto più dark e più affascinante e più legato alle promesse aperte dal teaser uscito a febbraio, la storia di Frozen 2 – Il Segreto di Arendelle sembra perdersi in giri di parole e in personaggi che appaiono ripetizioni di se stessi e macchiette portate all’estremo. Cadono in questo tranello le stesse Anna ed Elsa che ripetono sempre le stesse battute di dialogo e che non si mostrano cambiate dal primo film, ricadendo nelle stesse sequenze già viste nel 2013 con il primo capitolo. Ci cade anche l’intero mondo Disney con alcune citazioni alle principesse precedenti, come La Sirenetta, che però risultano flash capibili solo a quel pubblico che il trailer richiamava, ma a cui l’intero film sembra non essere rivolto. In questo errore ritroviamo anche una scena citazionistica dei Queen, che però cade nel trash, in immagini da videoclip e in una canzone che sembra richiamare un ambiente musicale agli antipodi degli stessi Queen, ovvero il neomelodico. Questa scena, che vede come protagonista Kristoff, ricade anche in un ulteriore errore.

Frozen 2- Il segreto di Arendelle, la recensione

Già dal primo capitolo, Frozen, esattamente come Maleficent, decide non solo di dedicarsi all’amore familiare (tra sorelle o tra madri e figlie), ma anche di porre al centro, esattamente come anni prima avevano fatto film animati come Mulan e Pocahontas, la figura femminile. In questo secondo capitolo tuttavia tale scelta viene narrativamente gestita male. Infatti, il personaggio di Kristoff inizia ad assumere sempre più importanza nell’inizio del film, aprendosi una linea B che però viene poi dimenticata e lasciata a se stessa, rendendo così straniante la subalternità dei personaggi maschili. Questo straniamento porta il pubblico a pensare che il contemporaneo #MeToo debba punire i personaggi maschili al fine di far risaltare quelli femminili, quando invece possono esistere storie dove semplicemente le protagoniste femminili abbiano tutta l’attenzione dello spettatore. A parole, alla conferenza tenutasi a Roma il 12 novembre, Jennifer Lee ha provato a spiegare questo intento che, però, perde significato e spessore nella cattiva gestione filmica/narrativa dello stesso personaggio di Kristoff, per l’appunto prima approfondito e poi lasciato solo a se stesso.

L’intero film dunque risulta appesantito da dialoghi privi di un reale senso e che spesso risultano ripetitivi; da canzoni che cercano di ripetere la formula magica di “Let it go”, copiandone addirittura parte della melodia; da continui buchi di sceneggiatura che creano più dubbi che risposte, soprattutto legate alla stessa Elsa di cui la natura magica continua a porre numerose domande prive di quelle soluzioni che invece il film si poneva il compito di districare.  In sostanza, non solo Frozen 2 – Il Segreto di Arendelle presenta numerosi problemi a livello di trama, ma tradisce le aspettative di chi aveva guardato il teaser, richiudendosi a riccio in un nuovo pubblico, incapace, in ogni caso, vista la giovane età, di cogliere molti aspetti citati nel film. Quegli stessi aspetti che alla fine hanno contribuito a rendere pesante il film a quel vecchio pubblico, ancora attaccato all’animazione, ma che, da essa, con film come questi, sembra non trovare più risposte adeguate.

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