Atlantique, la recensione del film su Netflix

Atlantique, tra attualità e misticismo

Il mondo rurale dell’Africa urbanizzata dal crescente capitalismo viene trasposto, nell’esordio alla regia di un lungometraggio di Mati DiopAtlantique (trailer), con uno stile quasi documentaristico, che cova una tensione sottile per tutta la sua durata fino a tramutarsi in una visione mistica in simbiosi con gli eventi narrati.

Nella periferia di Dakar, dove vige uno spietato divario tra ricchezza e povertà, degli operai non pagati da mesi lasciano le loro famiglie e si avventurano in mare per cercare fortuna in Spagna, da lì non faranno più ritorno. Tra questi vi è Suleiman (Traore), l’amante della protagonista Ada (Mame Bineta Sane), che promessa in matrimonio ad un ricco uomo che non ama, attraversa una fase depressiva in seguito alla scomparsa dell’amato. Gli uomini morti in mare faranno però ritorno tramite un’incarnazione notturna nei corpi delle donne rese zombie, in cerca del denaro loro dovuto, mentre Suleiman per dare l’ultimo addio ad Ada, rivive nel corpo di un detective.

Una trama originale che libera nel finale tutta l’angoscia accumulatasi nel corso della pellicola, ma che trattiene in sé e non stimola alcuna speranza o senso di rivalsa. Un esordio promettente quello di Mati Diop, figlia d’arte nota soprattutto come attrice, che fa percepire un gran potenziale registico grazie ad allegorie visive, nei continui piani dell’oceano, ignoto, distensivo, nei movimenti tremolanti di una camera a mano che vive tra i personaggi. Ma che allo stesso tempo si perde nella staticità di un ambiente quotidiano realistico che restituisce solo oppressione, resa con infinita sensibilità e delicatezza tra il non mostrato e le sequenze riflessive. 

Atlantique, tra attualità e misticismo

La prima donna di colore a concorrere per la Palma d’oro a Cannes che porta sullo schermo il ferocemente attuale tema dei migranti morti in mare, capovolgendo l’obiettivo sull’altra sponda del Mediterraneo. Trattando con grande sensibilità il lato umano, senza mai sfociare nel dramma strappalacrime e nella tragedia, ma restando sempre in bilico, sospesa tra il celato e la storia stessa che limitano la presa su uno spettatore che difficilmente riesce ad immergersi nella pellicola.

Atlantique parla a bassa voce e non trova una direzione chiara fin quando non subentra il soprannaturale a sollecitare chi guarda, ma più che smuovere la narrazione la rende sì mistica e misteriosa, ma straniante. Una dimensione ultraterrena che ripercorre il profondo legame esistente tra vivi e morti nelle radici culturali africane, così lontano dalle credenze del mondo occidentale da affascinare.

Vincitore  del Gran Prix Speciale della Giuria al festival di Cannes del 2019, Atlantique è una coproduzione Netflix coraggiosa e curiosa, disponibile sulla medesima piattaforma.

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