VENEZIA 74 – MADRE! E SE ARONOVSY AVESSE SCRITTO LA BIBBIA E NON CE NE FOSSIMO ACCORTI?

Darren Aronovsky è da sempre un regista affascinato dalle simbologie religiose, Il suo film di esordio Pi greco – Il teorema del delirio (1998) è la storia di un matematico paranoico che attraverso le quotazioni della borsa, la cabala ebraica e la numerologia tenta di trovare una chiave per raggiungere Dio. Sempre a Venezia, nel 2006, Aronovsky aveva portato il film L’albero della vita – The Fountain che nuovamente univa le tradizioni religiose ebraiche alla numerologia spezzando in due la critica. Alcuni anni dopo la sua trasposizione del diluvio universale (Noah, 2014)  Aronovsky potrebbe essere tornato alla Bibbia con un film postmoderno a tinte forti che affronta attraverso una maschera da horror psicologico alcuni momenti salienti dell’antico testamento e della passione di Cristo. Da qui in poi per esporre la tesi dobbiamo svelare la trama ed il finale del film – il lettore è avvisato.

La storia ha inizio in una abitazione devastata, ceneri che ci fanno pensare all’immaginario di Alain Resnais circondano ogni cosa. HIM (Javier Bardem) – o potremmo dire DIO – colloca su un piccolo piedistallo una gemma che rigenera la casa incendia che abita insieme a una donna (Jennifer Lawrence): una futura madre in cerca del suo sposo, del suo Dio, del creatore/scrittore del mondo che la circonda. Un uomo – Ed Harris nella parte di Adamo? – giunge alla casa che la madre – nella parte della terra o dello spirito santo? – ha ricostruito con il suo amore. Lei ne ha paura e non vuole condividere i frutti e l’amore di Dio – HIM – eppure il “creatore” accoglie il viandante che cerca il suo amore: un suo accanito lettore, un discepolo, un figlio malato e mortale che si riconosce nel verbo di un padre creatore che desidera essere amato per le sue creazioni. In una notte di turbamenti e simbolici presagi la madre vede il suo amato accogliere il dolore e la malattia dello straniero, abbiamo solo pochi secondi per percepire sulla schiena di questo Adamo i segni di una profonda cicatrice in prossimità delle costole. Subito dopo questo indizio, entra in scena un’altra donna senza nome (Michelle Pfeifer), ovvero la moglie dell’estraneo visitatore. La tesi a questo punto sarebbe avvalorata dalla loro visita proibita allo studio del creatore, dove rompono la gemma rigeneratrice – una possibile riscrittura della mela – scatenando l’ira di Dio (HIM) che li caccia dallo studio e lo mura per impedire a chiunque di accedervi. Pochi minuti dopo la “cacciata dal paradiso” ecco arrivare i figli dei due estranei (i fratelli Gleeson) che ripercorrono la storia di Caino ed Abele, al funerale del fratello buono, tenuto nella casa di Dio/HIM, partecipano tutte le etnie del mondo. Gli ospiti della casa/terra/madre sono costretti alla fuga da un diluvio all’interno della casa dovuto al loro vandalismo ed un diluvio naturale esterno. La seconda parte del racconto appare come una possibile riscrittura del nuovo testamento dove il figlio di Dio (HIM) viene immolato e condiviso fra i fedeli che se ne cibano scatenando l’ira della madre e la distruzione della casa. Resta memorabile una lunghissima scena che sembra sintetizzare le rivolte, le guerre fratricide e le sofferenze del nostro secolo: una piccola apocalisse chiusa in una casa. Dal corpo carbonizzato della madre HIM (Dio) raccoglie una nuova gemma che ridona vita alla casa e alla madre in un moto perpetuo di creazione, dolore e distruzione.
Aronovsky potrebbe aver nascosto uno dei testi religiosi più antichi e popolari dell’occidente in un film, giocando con lo spettatore, distraendolo, come fa il suo collega David Lynch, dall’evidenza del sottotesto con piccoli inganni e seduzioni visive.
di Daniele Clementi

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