#IFF19: The Chambermaid, la recensione del film di Mariana Čengel Solčanská

The Chambermaid, la recensione del film di Čengel Solčanská

Lungometraggio d’apertura della XIX edizione dell’Immaginaria Film Festival, lo slovacco The Chambermaid (trailer) è frutto della sinergica collaborazione tra la cineasta Mariana Čengel Solčanská e la scrittrice Hana Lasicová. Il film, infatti, è l’adattamento del libro di Lasicová Slúžka (2013), ispirato alla storia vera della tata della madre dell’autrice. La Prima guerra mondiale sta per scoppiare, la dissoluzione dell’Impero austro-ungarico è vicina. Anka (Dana Droppová) è una giovane donna slovacca che, dopo aver rifiutato il matrimonio deciso per lei dalla sua umile e angosciante famiglia, viene mandata dal patrigno a lavorare presso una ricca famiglia viennese a Praga. Resi (Radka Caldová), la figlia del milord e della milady, all’inizio disprezza Anka e architetta perfidi piani per umiliarla. Sarà però il suo imminente matrimonio, fonte di incertezza e preoccupazione, a spingere Resi verso la nuova domestica, nella quale troverà una fonte di conforto, amore e intimità.

La fotografia di Ladislav Janošťák e la colonna sonora di Vladimír Martinka inebriano i sensi e realizzano un’atmosfera sognante e fiabesca, quasi da fantasy. I suddetti codici cinematografici, inoltre, supportano la sceneggiatura nel delineare ed enfatizzare il percorso interiore dalla protagonista. Ed è, nello specifico, questa funzione a rendere la regia della Čengel Solčanská, tutta al servizio del racconto, di rara maturità ed eleganza. Nell’incipit del film, che rappresenta l’umido e nuvoloso mondo ordinario di Anka, le inquadrature, dal formato allungato e ampio, piuttosto che concentrarsi sui personaggi, il più delle volte abbracciano i pittoreschi paesaggi delle campagne slovacche, nella cui tavolozza prevalgono sfumature di verde, arancione, azzurro e grigio.

In sottofondo, un clima emotivo di turbamento e tensione è suggerito da un fitto tappeto di archi. Questi vengono sostituiti dalla più moderata, ma allo stesso modo malinconica, melodia di un pianoforte non appena Anka entra nel mondo straordinario di Praga: nonostante un primo destabilizzante impatto, il suo temporaneo viaggio nell’alta borghesia e l’incontro con Resi hanno per la giovane domestica una connotazione positiva, perché le consentono di ridefinire il senso del suo passato e quello del suo futuro. Le vedute sulla città sono in numero decisamente ridotto rispetto a quelle naturalistiche della sequenza iniziale: in questa sezione del film la macchina da presa è molto più attratta dai volti e dai vari tipi di relazione che i loro posizionamenti reciproci esprimono (dominanza e dipendenza, sorellanza e amore romantico).

The Chambermaid, la recensione del film di Čengel Solčanská

The Chambermaid si inserisce nel filone del cosiddetto lesbian period drama, che in anni recenti ha trovato particolare fortuna tra il pubblico queer e non solo. Nel 2021 il cast di Saturday Night Live, con un’iconica Kate McKinnon in smoking e Carey Mulligan come protagonista d’eccezione, realizzava un esilarante sketch, ironizzando sull’uscita dell’ennesimo film ambientato tra fine Ottocento e inizio Novecento, con al centro due donne in corsetto che, oppresse dal genere maschile, si avvicinano sempre più l’una all’altra, finendo per vivere un’intensa e passionale storia d’amore destinata a finire in tragedia. Ritratto della giovane in fiamme (Céline Sciamma, 2019), Ammonite (Francis Lee, 2020), Il mondo che verrà (Mona Fastvold, 2020): tre esempi in cui il compito di mettere in discussione il sistema patriarcale ed eteronormativo è in larga parte affidato alla relazione omosessuale tra le due protagoniste.

In questo The Chambermaid agisce diversamente, rendendosi una visione nuova e stimolante. Scuote le fondamenta della società maschilista e sessista raccontando contemporaneamente una pluralità di donne – alcune mostrate più, altre poco meno – e mettendo in luce, come in un moderno La regola del gioco di Jean Renoir, l’innegabile intersezione tra subalternità di genere e subalternità di classe.

Le cineaste slovacche tracciano lo spettro di stereotipi che, in passato come oggi, sono associati al genere femminile, spesso con conseguenze distruttive. La cuoca Kristina (Anna Geislerová) è frigida, perché da anni non intrattiene rapporti con uomini. Resi, moglie di un uomo ‘potente’, deve soltanto pensare a partorire figli, si spera maschi, e a soddisfare i desideri sessuali del marito. Anka, la giovane e bella domestica, è continuamente bersaglio delle frecciatine a sfondo sessuale del giardiniere Stefan (Lukáš Pelč). Infine, Liza (Vica Kerekes), l’attraente cameriera, vede nella frequentazione extraconiugale con il Lord (Karel Dobrý) e nella speranza di andare, un giorno, a vivere con lui la sua massima aspirazione. Liza, però, rimane involontariamente incinta, quindi abortisce, ma si toglie la vita per vergogna.

E se avesse tenuto il bambino? Come la madre di Anka, che pure ha avuto sua figlia fuori dal matrimonio, sarebbe stata giudicata una poco di buono, mentre suo figlio, come Anka stessa, un bastardo. Ciò in cui The Chambermaid riesce meglio è spiegare come, nella società patriarcale, non ci sia condotta di vita che possa risparmiare ad alcuna donna il passaggio sotto il malizioso e permanente giudizio altrui. E allora, non ci resta che abbattere il patriarcato.

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