Questo mondo non mi renderà cattivo, la recensione della serie su Netflix

Questo mondo non mi renderà cattivo, la recensione della nuova serie di Zerocalcare

A distanza di quasi due anni, dopo il successo di Strappare lungo i bordi, Zerocalcare torna su Netflix con una nuova serie, disponibile dal 9 giugno: Questo mondo non mi renderà cattivo (trailer), una produzione Movimenti Production in collaborazione con Bao Publishing.

“Una nuova serie” e non “una seconda stagione” proprio perché Questo mondo non mi renderà cattivo non è la diretta continuazione di Strappare lungo i bordi, come molti si sarebbero naturalmente aspettati. D’altronde è questa la normalità a cui siamo abituati, specialmente per quanto riguarda prodotti di piattaforme come Netflix o Amazon che, nel corso degli anni, hanno fatto della serialità la loro fortuna. In questo caso però, Zerocalcare (alias Michele Rech), ci propone una storia totalmente diversa dalla precedente, che introduce nuovi personaggi e nuove tematiche.

La trama prende spunto dal ritorno di Cesare, un vecchio amico di Zero, che torna a casa dopo aver trascorso gli ultimi venti anni in comunità per disintossicarsi dall’eroina. Il mondo però è andato avanti, così come Zero, Secco e Sarah: il quartiere non è più come Cesare lo ricordava e allo stesso modo nessuno sembra ricordarsi di lui. Ma questa è solo la premessa da cui il fumettista di Rebibbia parte. La trama, infatti, schizza in mille direzioni diverse: in 6 episodi (di circa mezz’ora l’uno) si sviluppa una narrazione complessa ed articolata, fatta di continui flashback e salti temporali che vanno ad approfondire temi più impegnati – rispetto alla serie precedente – e apertamente più politici, a partire dall’immigrazione fino alla precarietà del lavoro.

Temi che da sempre sono centrali nelle opere di Zerocalcare, ma che in Strappare lungo i bordi erano stati volontariamente messi in secondo piano in favore di una storia più intima e personale, che mettesse un po’ tutti d’accordo, in qualche modo. Questo mondo non mi renderà cattivo, al contrario, è una serie destinata a dividere il pubblico, a spaccarlo inevitabilmente in due, mettendo lo spettatore di fronte ad una realtà che spesso e volentieri è più facile ignorare. La politica è certamente un elemento importante, ma sarebbe sbagliato considerarla l’unica chiave di lettura attraverso cui conferire un significato a tutte le vicende affrontate nella serie. Questo mondo non mi renderà cattivo non racconta solo la lotta di un quartiere contro una militanza nazista per proteggere un centro sociale occupato da migranti, ma piuttosto la difficoltà dei personaggi di rimanere sé stessi nel momento in cui sono costretti a compiere scelte impossibili e la consapevolezza di cosa ognuno di loro è disposto a fare pur di non rinnegare i propri ideali.

Zerocalcare riesce a rivolgersi, in maniera universale, non solo a chi quella realtà di periferia la vive tutti i giorni, ma anche a chi ne è totalmente estraneo. Sono i drammi di una generazione intera quelli che vengono messi in scena, una generazione che nella cadenza della parlata romana (diventata in passato un argomento di critica tale da essere protagonista di uno sketch ad hoc) ritrova parole che ha pensato o detto almeno una volta nella vita. La sensazione di inadeguatezza, la paura di rimanere indietro mentre tutto il mondo continua ad andare avanti, l’impressione di non riuscire a muovere un solo passo concreto verso il proprio futuro sono temi che oggi più che mai ci costringono ad aprire gli occhi su una società in cui il 12% dei giovani italiani abbandona la scuola fermandosi alla licenza media e in cui, di anno in anno, continuano ad aumentare i casi di suicidio tra gli studenti.

In conclusione, la serie di Zerocalcare si rivela quindi in grado di trattare tematiche delicatissime senza però mai abbandonare quell’ormai familiare umorismo, ironico e sarcastico, ma allo stesso tempo anche brutalmente cinico ed amaro, che ne contraddistingue l’universo narrativo. I lunghi monologhi dell’Armadillo (doppiato dall’inconfondibile Valerio Mastandrea) ed i tormentoni di Secco diventano degli elementi fondamentali e non più solo degli espedienti comici: strappano un sorriso, smorzano la tensione e permettono allo spettatore di riprendere fiato, almeno per un momento (sempre che ci riesca tra le risate).

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