Obi-Wan Kenobi, la recensione della serie su Disney+

Dopo le tre trilogie, con innumerevoli spin off e serie di ogni tipo di personaggio, è arrivato il momento di esplorare la complessa storia di uno dei character più amati dell’universo di Star Wars: Obi-Wan Kenobi. In questo contesto ci viene in soccorso Disney Plus, che proprio questo mercoledì 22 giugno ha rilasciato la sesta e ultima puntata dell’omonima serie (trailer). 

Come si intuisce dal titolo la storia è del leggendario Obi-Wan Kenobi, anche qui interpretato da un impeccabile Ewan McGregor come nel prequel, ma sotto una luce diversa. Dopo il genocidio dell’Ordine 66 e la trasformazione del suo padawan Anakin Skywalker (Hayden Christensen) nel Sith più famoso di tutti, Darth Vader, il celebre maestro Jedi, ora conosciuto come Ben, è diventato un uomo semplice, stanco e costretto ad una misera vita nell’anonimato e nella paura. Ci sono però continue forze oscure che agiscono nell’ombra, pronte a cacciarlo, oltre a disseminare il terrore in tutto l’universo. Sarà dunque un’evento specifico, una piccola speranza, a risvegliare il vecchio Obi “Ben” Kenobi, al solo scopo di fargli ritrovare la fede nella forza.

Ma come si è comportato Obi-Wan Kenobi con il mastodontico universo a blaster e spade laser?  Non troppo bene temo, in quanto ha avuto una storia tortuosa che ha modificato spesso la sua visione complessiva. Nato originariamente come film diretto da Stephen Daldry in uscita nel 2017, Obi-Wan Kenobi ha dunque subito enormi cambiamenti, produttivi e di sceneggiatura, diventando, in primis, una mini serie distribuita on-line, diversa dai suoi compagni seriali. Iniziata la sua produzione nel 2020, con la sceneggiatura di Hossein Amini e la direzione di Deborah Chow, tutt’ora attuale regista del prodotto, la serie ebbe un blocco quasi immediato proprio a causa di alcune sceneggiature degli episodi troppo similari ai già ben noti The Mandalorian e The Book of Boba Fett. Posticipate esattamente di un anno, nel Gennaio 2021, spostate dalla grigissima Londra alla soleggiata Los Angeles, le riprese si sono svolte in grande stile.

Difatti la regista Deborah Chow ha utilizzato come tecnica principale in Obi-Wan Kenobi la Stage Craft, ossia un’enorme stanza circolare circondata di schermi led LCD. Rinomata appunto nelle ultime lavorazioni della saga quali i già citati The Mandalorian e The Book of Boba Fett, la Stage Craft risulta essere innovativa per la sua ideazione di un ambiente estremamente immersivo e coinvolgente, sia per gli attori che per gli spettatori.

Per certi versi Obi-Wan Kenobi porta una ventata di aria fresca per la realizzazione e congiunzione della prima trilogia prequel con quella storica, sì datata ma allo stesso tempo intramontabile. Si possono vedere infatti, soprattutto nelle prime puntate della serie, delle notevoli evoluzioni tecnologiche dell’ambiente, dei costumi e dei combattimenti, indubbiamente ben congeniati e spettacolari. Sono in particolar modo volutamente tragici, poiché hanno come unico scopo quello di ricreare il vecchio clima di tensione e sospensione, tipico della maestria di George Lucas

Il lavoro di Deborah Chow all’inizio della serie sembra presentarsi in modo accattivante per le sue dinamiche e nuove prospettive, le quali si congiungono “quasi” perfettamente al filone principale. A partire dagli inquisitori, fortemente presenti e radicati nella storia, fino ad arrivare, purtroppo, ad un rapido decadimento della trama, con buchi enormi e anelli di congiunzione fragilissimi. Con tali collegamenti improbabili e mal assortiti, che vanno a forzare inoltre alcune caratteristiche della saga, assistiamo in Obi-Wan Kenobi ad un dipinto sbiadito del personaggio principale, attempato e provato emotivamente dagli eventi degli ultimi otto anni. Questa scelta risulta dunque azzeccata, visto che i fan non volevano vedere un Obi-Wan over power, quanto piuttosto un uomo, fatto di grandi debolezze e dubbi sul suo operato. Una visione più riflessiva e spirituale, che si va a collegare come genere nella Star Wars Anthology con i due film Rogue One e Solo, rispettivamente uno spy-thriller e un action western.

Nonostante il grande ritorno trionfante di Ewan McGregor, un po’ invecchiato ma altrettanto glorioso come il suo personaggio, il prodotto lucassiano Obi-Wan Kenobi non regge i punti della storia, fin troppo ciclica e monotona. Malgrado il gravoso peso portato sulle spalle del grande Jedi, con il sostegno di qualche altro character ben sviluppato e dalle basi solide, la serie viene minata da alcune scelte un po’ amare, prime tra tutte il passato della terza sorella e la CGI alquanto discutibile di alcuni protagonisti. Nel complesso Obi-Wan Kenobi si dimostra come una serie medio/buona, sia agli occhi del nuovo pubblico sia per i vecchi fan, grazie alla conclusione epocale della sesta e ultima puntata, che lascia spazio a grandi interpretazioni e future ipotetiche evoluzioni.

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