La serie di Cuphead!, la recensione della seconda stagione su Netflix

La serie di Cuphead su Netflix

Anche se ci aveva lasciato qualche mese fa con l’uscita della prima stagione, La serie di Cuphead! è tornata sugli schermi virtuali di tutto il mondo con la seconda stagione (trailer). Come un’onda sullo scoglio, il riadattamento animato del run n’ gun dei fratelli Moldenhauer si è infranto nuovamente sulla nostra ormai cara e vecchia amica piattaforma streaming dalla grande N. Tale scelta forse è stata fatta anche come conseguenza dell’uscita della versione di espansione (comunemente definita DLC per chi non lo sapesse), il passato 30 giugno con il nome The Delicious Last Course. Al contrario però di quello che pensavano i fan del gioco, in determinate teorie uscite sul web, questa seconda stagione non è basata sulla storia del DLC. Bensì risulta essere il proseguimento della time-line originale del videogame.

La serie di Cuphead 2 si colora di un tono decisamente più dark al confronto con la sua antesignana, tirando fuori un carattere inaspettato e spooky. La storia dei due fratelli Cuphead (Tru Valentino) e Mugman (Frank Todaro) si fa sempre più strampalata, e con le dovute peripezie, sconfina dal solito paesino dell’isola Calamaio per andare ad esplorare nuovi orizzonti . Incredibili avventure all’insegna della pazzia e del divertimento portano i due protagonisti a conoscere tanti nuovi personaggi, non curanti delle gravi conseguenze a cui soccomberanno a causa delle loro azioni.

In questa seconda stagione le tinte horror si fanno ben più presenti sia nel comportamento dei vecchi personaggi, sia nella presentazione dei nuovi. Quest’ultimi non sono altro che i boss della prima versione di gioco, non sdoganati a febbraio e tanto richiesti dai fan videogiocatori. Buona parte dei nuovi personaggi non vengono rappresentati come nemici delle due tazze, bensì al contrario come semi-alleati o addirittura come semplici easter egg. Probabilmente una scelta fatta dalla produzione per rendere più scorrevole il prodotto animato.

La serie di Cuphead su Netflix

Una caratteristica che non cambia mai ne La serie di Cuphead è la contrapposizione dell’animazione tradizionale a quella computerizzata, unite alle più disparate tecniche miste. Dalla clay motion per gli sfondi, alla multiplane camera per la tridimensionalità d’ambiente, l’animazione del prodotto netflixiano rimane sempre ottima e in perfetto stile cartoon anni ’30, con una piccola aggiunta. La serie viene contornata, questa volta, da una grana molto grezza, a suggerire l’effetto di una vecchia pellicola usurata. Tale pillola dona, come già detto, una vena maggiormente disturbante in confronto alla prima stagione. Ciò genera in chi guarda un miscuglio di divertimento, mistero e inquietudine.

Ci sono inoltre particolarità eclatanti in questa seconda stagione, ovvero i suoi disegni decisamente più caricaturali. Durante lo scorrere degli episodi si nota come volti e movimenti dei soggetti vengano stravolti in espressioni e pose assurde, atti quasi a diventare i futuri meme del web. Sembrerebbe, vista la risonanza mediatica della prima parte, una provocazione dei disegnatori verso il pubblico nell’incitare a usare la serie come parodia di internet. È forse una piccola scossa della produzione rivolta al giovane target di spettatori con un possibile secondo fine pubblicitario? Non lo possiamo sapere con certezza. Ciò che possiamo dire invece è che La serie di Cuphead 2 è estremamente fedele alle vicende del suo corrispettivo videoludico, presentando necessariamente, ma mal volentieri, una storia frammentata. Meno entusiasmante della prima, la seconda stagione si incentra in generale su una struttura a episodi autoconclusivi, riprendendo si l’idea del cortometraggio a cui è ispirato, ma perdendo essenzialmente la sua linea guida. Ovviamente a un occhio esterno dal contesto videoludico.

Nonostante quest’aspetto critico il prodotto risulta scorrevole e piacevole da seguire. Soltanto nella seconda parte si riprende la storia con Satanasso (Luke Millington), la nemesi delle due tazze, prima come macchietta comica, poi come ponte di collegamento al tramonto della stagione. Con il suo arrivo la serie deraglia il suo percorso, concludendo frettolosamente il primo arco narrativo del triangolo Cuphead – Mugman – Satanasso, al solo scopo di riproporne un altro più solido. Difatti il suo finale aperto lascia presumere un futuro incerto che solo i numeri d’ascolto determineranno. 

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