#UFFF2: Frammenti di un percorso amoroso, la recensione del documentario di Chloé Barreau

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Che cosa resta dei nostri amori? Che cosa dei momenti trascorsi in simbiosi con l’altro prima di tornare ad essere due semplici estranei? Charles Trenet se lo chiedeva nel 1942 con il brano Que reste-t-il de nos amours? – usato nella colonna sonora di Baci rubati di François Truffaut (ma questa è un’altra storia). Oggi torna ad interrogarsi sullo stesso punto Chloé Barreau, nel suo Frammenti di un percorso amoroso (trailer).

Il documentario, una produzione Groenlandia, ricostruisce gli amori passati della regista francese fin dall’adolescenza, tra Parigi e Roma, quest’ultima la città che l’ha adottata. Al centro della scena, dodici amanti che hanno partecipato all’educazione sentimentale di Barreau. Il risultato è una narrazione tra passato e presente, che alterna materiale di repertorio da lei stessa girato in VHS nel corso degli anni ad interviste rivolte ai suoi compagni di vita: il tutto tenuto insieme da lettere, perlopiù di rottura, scritte da questi ultimi e ora lette ad alta voce, per la prima volta.

Nelle intenzioni della regista e della montatrice Marina De Pedro c’era l’idea di dare vita ad un ritratto caleidoscopico dell’amore, colto in tutte le sue forme e sfaccettature, da quello nato tra i banchi di scuola a quello a distanza. Ma che cosa ricordano gli altri della relazione che hanno condiviso con Chloé Barreau, qual è la loro versione dei fatti? Protagonista assoluto della storia, infatti, è il punto di vista dell’altro, la percezione che questi ha elaborato, a distanza di anni, dell’ex amante e del frammento di vita condiviso assieme. Non a caso, la regista non compare mai sullo schermo – ad eccezione di qualche fotogramma che la ritrae da ragazzina davanti alla telecamera e della sua voce fuori campo. Ciò che emerge di lei è una presenza-assenza, non per questo meno priva d’intensità o svilita del suo potere evocativo. Il risultato non è un’autobiografia in senso stretto, quanto semmai un viaggio metaforico che possa aspirare ad essere narrazione di ciascuno di noi. Un racconto in cui chiunque può rivedersi e identificarsi per le esperienze vissute perché, come afferma Barreau, «siamo tutti la somma dei nostri amori».

Ma il documentario è anche il racconto di una vocazione: quella registica di una giovane ragazza che inconsapevolmente, nel tentativo di documentare la propria vita, rincorreva il titanico desiderio di fermare ed immortalare l’attimo. La storia, dunque, può essere letta anche come un inno al mezzo cinematografico per la possibilità che questo consente ad ognuno di noi di raccontarsi, attraverso il potere delle immagini, al fine di dare vita ad una memoria condivisa.

Presentato alle Giornate degli Autori dell’ultima Mostra del Cinema di Venezia e incluso nella sezione Panorami Italiani dell’edizione in corso dell’UnArchive Found Footage Fest, Frammenti di un percorso amoroso è una narrazione d’amore tanto delicata quanto lacerante, per la forza stessa del sentimento portato in scena e così sensibilmente messo a nudo. Non c’è, però, spazio per il risentimento ma solo per il ricordo. Il ricordo di un amore che, anche se tramontato, non smette mai di esistere ma continua a legare indissolubilmente le persone che lo hanno vissuto. Il ricordo di ogni sguardo, ogni bacio, ogni carezza. Ma anche il ricordo del conflitto e del dolore. La nascita della consapevolezza che aver amato ed essersi donati completamente all’altro non significa non poter vivere altri amori con questa stessa intensità.  

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