#Venezia80: Coup de Chance, la recensione del film di Woody Allen

Coup de Chance, recensione del film di Woody Allen Dasscinemag

La cultura classica alla base della società europea è da sempre una presenza costante nei film di Woody Allen. E cosa c’è di più classicheggiante del concetto di fortuna e casualità? Il regista newyorkese torna in sala con Coup de Chance (trailer), un film che fa del caso lo stravagante meccanismo che regola le vite dei suoi protagonisti. Non è la prima volta che Allen affronta l’argomento: in Match Point il protagonista è tormentato dal peso che la fortuna ha nella sua vita e verrà risucchiato dalla catena di eventi che questo suo trasporto scatenerà. Che sia questo della fortuna un chiodo fisso per il regista o, arrivato agli sgoccioli di una lunga carriera, stia forse operando una sorta di revisione dei suoi film?

Come nella più classica delle commedie del regista si parte da un contesto borghese rigido e distaccato e dalla sua improvvisa collisione con uno più sotterraneo e accogliente. Una magnetica Lou de Laâge veste i panni di Fanny, donna solare e affascinante dalla vita apparentemente perfetta e sposata con il misterioso Jean (Melvil Poupaud). L’incontro con l’ex-compagno di liceo Alain (Niels Schneider), da sempre innamorato di lei, risveglierà in Fanny il desiderio di una vita diversa, più disinvolta e priva dell’impostazione dei salotti frequentati con Jean. Quest’ultimo d’altra parte sembra condurre un’esistenza completamente slegata da quella della moglie, e per questo inaccessibile.

Il film assume i toni di una commedia investigativa, genere tutto “alleniano” che permette di parlare di sequestri e omicidi evitando di cadere nel dramma e trovando nelle uscite comiche dei personaggi un’agile valvola di sfogo. L’effetto è simile a quello degli heist movie alla Guy Ritchie ma più straniante se si pensa che i personaggi sono di estrazione alto-borghese.

Il personaggio di Jean risulta estremamente buffo. La sala ride anche alla più piccola delle sue apparizioni, forse perché sa che è proprio lui a incarnare il cinismo del regista. Se infatti il concetto di fortuna può subire delle variazioni nel corso della filmografia di Allen, lo sguardo cinico sul mondo sembra non lasciarlo mai, neanche in vecchiaia. Più si guardano i suoi ultimi film più sembra di cogliere un’ostinazione nel perseguire un certo ideale di moralità e la sua rappresentazione, per non dedicarsi invece a una ricerca formale; non è un caso che arrivino dunque a somigliarsi tutti, sia a livello concettuale sia sul piano formale (per non parlare della trama). Il rischio è di conquistare la fetta di spettatori che quello stile di vita lo condivide a pieno e annoiare terribilmente chi semplicemente lo accetta come alternativa o chi se ne allontana. Ma probabilmente Woody Allen ne è del tutto consapevole.

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