After Yang, la recensione: un poetico sci-fi

After Yang

Cos’hanno in comune il lutto, la perdita, l’amore, la malinconia e la rabbia? Sono tutte esperienze profondamente umane che chiunque sperimenta nell’arco della propria esistenza. After Yang (trailer) è un film del 2021 scritto e diretto da Kogonada, adattato dal racconto breve Saying Goodbye to Yang di Alex Weinstein. Il film è stato presentato alla 74º edizione del Festival di Cannes nella sezione Un certain regard ed è stato premiato al Sundance Film Festival 2022. 

After Yang è ambientato in un futuro non particolarmente definito, dove gli androidi sono diventati parte integrante della società. Jake (Colin Farrell) e Kyra (Jodie Turner-Smith) comprano l’androide Yang (Justin H. Min) con l’obiettivo di insegnare alla figlia Mika, detta Mae Mae (Malea Emma Tjandrawidjaja) nozioni sulla cultura asiatica. Nella realtà dei fatti, però, è Yang a crescere la piccola Mae Mae, creando con lei un rapporto profondo. Quando Yang si rompe l’intera famiglia attraversa un periodo di lutto, prima nel tentativo di ripristinare l’androide e poi nell’accettazione che Yang non tornerà più. 

Inizialmente è facile credere che il motivo per cui Jake e Kira stiano soffrendo è la consapevolezza del dolore di Mika nel perdere quello che lei considerava il proprio fratello maggiore. Più va avanti il film, però, più si comprende che Yang aveva un rapporto intimo con ciascuno dei membri della famiglia. Attraverso una serie di flashback Kogonada mostra come Yang fosse parte fondamentale della vita dei protagonisti. L’esperienza del lutto, prima percepita solo attraverso la bambina, diventa quindi un’esperienza collettiva. Viene raccontata la vera e propria perdita di un figlio (sarà proprio Jake a definirlo così quando dovrà parlare di lui), di un pezzo fondamentale della vita dei tre protagonisti.  

After Yang recensione film kogonada

«Mi sta bene che non ci sia niente alla fine. Forse sono stato programmato in questo modo». «E questo non ti fa sentire triste?». «Non c’è nessun qualcosa senza il nulla.» è uno stralcio di conversazione fra Kyra e Yang. È dunque proprio il fatto che Yang sia stato parte della famiglia e che loro l’abbiano amato a dare peso al dopo, l’after del titolo, peso alla sua perdita. Senza l’amore (il qualcosa del prima) non ci sarebbe la sofferenza (il nulla del dopo). Il tema fantascientifico del film risulta quasi un pretesto per raccontare una storia farcita di temi universali, che vengono trattati con pudore e con delicatezza. Il film è un’ode al lutto, un tentativo di dare valore a qualcosa che è al tempo stesso intimamente personale e profondamente collettivo. 

«La sua esistenza ha contato. E non solo per noi». Il tentativo di preservare le memorie di Yang serve proprio a questo, a non rendere vana la sua esistenza, a far sì che la sua permanenza nella famiglia abbia avuto valore e che rimanga anche dopo la sua perdita. Un tentativo di salvare dall’oblio l’affetto che Kyra, Mika e Jake hanno provato per Yang. Attraverso la visione delle memorie di Yang, rappresentate da Kogonada come una costellazione, Jake continua per tutta la durata del film a vivere piccoli frammenti della sua vita, creando una forte connessione fra i due. After Yang è dunque un racconto universale, che in soli novanta minuti riesce ad abbracciare una molteplicità di temi senza risultare mai forzato o banale. Kogonada riesce a cogliere appieno le sfumature di ogni personaggio, regalando una storia delicata e autentica. 

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