Sister Act: il film cult che ha portato il rock in chiesa compie 30 anni

Vedere una chiesa piena di giovani oggigiorno potrebbe sembrare un’utopia, un miracolo è il caso di dire! Quante volte ci è stato imposto di recarci in un luogo troppo fuori dal comune per i nostri standard e non coerente con la vita spassosa di tutti i giorni? Una ricerca ha dimostrato che soltanto il 33% dei giovani in Italia dai quindici ai diciannove anni frequenta luoghi di culto: scelta comprensibile e assai affermata oramai. Ma se nella chiesa del vostro paesino si presentasse un intero concerto rock  e gospel con un gruppo musicale formato da decine di suore, andreste in quel luogo? Sicuramente la percentuale aumenterebbe fino a raggiungere il 90%, perché la curiosità vi spingerebbe ad andare a vedere un party del tutto inusuale! Ma cose di questo genere succedono soltanto nei migliori film americani.

È il 29 maggio del 1992 quando Emile Ardolino porta sul grande schermo Sister Act (trailer). La svitata in abito da suora è l’iconica e pluripremiata Whoopi Goldberg che, dopo aver vinto il suo unico Oscar per Ghost e un premio al Saturn Award come Miglior attrice non protagonista per Star Trek, torna al cinema nella tonaca di suor Maria Claretta. Ardolino dopo il successo del musical Dirty Dancing del 1987 non poteva che sbancare il botteghino con 231 milioni di dollari di guadagno e le infinite nomination e premi.

Ma cosa ha reso questa commedia così esilarante? Se si fosse trattato di un semplice documentario sulla vita all’interno di un convento gli incassi sarebbero stati ben pochi e di certo ancora oggi non se ne parlerebbe e non si spererebbe per un terzo capitolo del film. Ciò che l’ha reso originale è stato il modo in cui si è parlato e raccontato di un tema inusuale quale la religione. Dall’inizio della pellicola non avremmo mai potuto immaginare che si trattasse anche di un giallo in quanto ci presenta Deloris Van Cartier (Whoopi Goldberg) nelle vesti di una cantante di un casinò di Las Vegas. È bene pensare che nemmeno la protagonista si sarebbe immaginata un cambio di vita del genere, lontano dai suoi ideali e dal tipo di gente che frequentava in quartieri e locali movimentati.

Deloris riesce a dare uno schiaffo al passato così vicino e lo ingloba nel presente proprio grazie alla sua passione: il canto, gli strumenti musicali e la gioia di condividere con un pubblico l’energia scaturita dalla propria vocazione. La musica è  esistente già dalle prime inquadrature, Whoopi canta per noi ed il film è orecchiabile anche se si passa dal suono di chitarra allo sparo di pistola che decreta una scissione ben importante al fine dello svolgimento del musical. Ciò che ci intrattiene dunque è proprio questo: la giusta melodia. Deloris cambia totalmente vita e la sceneggiatura di Joseph Howard ci porta in un luogo che può sembrare comune ma non lo è: un convento.

Il vero intento insito in Sister Act è quello di far rimanere lo spettatore incollato allo schermo e automaticamente lo si deve fare non soltanto attraverso i dialoghi ma anche con la musica. È proprio questa che ha decretato il successo di un classico della commedia statunitense. La giusta melodia è diventata orecchiabile e cantabile e ritornello dopo ritornello è entrata nell’immaginario collettivo fino a farlo divenire uno di quei film che nel gergo giovanile oggi definiremmo con l’espressione old but gold.

È la storia di persone con ideali e vite opposte che riunendosi riescono a dare uno schiaffo ai pregiudizi infondati provenienti dal mondo esterno ma anche dalla stessa Madre Superiora (Maggie Smith) che per una gran parte del film è sempre in bilico tra silenzio e rock. Deloris risolve queste imposizioni semplicemente parlando attraverso la musica e dando vita al gruppo Ronelles (il nome è dato dall’incrocio di due gruppi realmente esistiti negli anni Sessanta, le Ronettes e le Shirelles) . Se si pensa a questo musical cult la prima canzone che ci viene in mente è I Will Follow Him proprio perché i testi, l’arrangiamento e le movenze di un ottimo cast ci inglobano all’interno di un’atmosfera festosa. Difatti, le suore scatenate nei propri abiti cantano un medley costituito da varie canzoni: (Love Is Like a) Heat Wave, My Guy e I Will Follow Him e poi ancora Hail Holy Queen, My Guy (My God) e Shout.

È stato il compositore Marc Shaiman (creatore delle colonne sonore di altri film di successo quali Harry ti presento Sally, La famiglia Addams, Patch Adams e Mary Poppins) a decretare in parte il successo del film e portando la musica a livelli superiori, uscendo dal riquadro del grande schermo e facendo un salto in un album inedito creato niente meno che dalla casa discografica Hollywood Records.

È l’ennesimo esperimento in cui la musica riesce a creare un contesto consono alle abitudini di ogni persona. C’è qualcosa di molto potente in Sister Act, che a prescindere dal credo di ogni persona, diventa spunto per un probabile superamento delle barriere, di standard e di come la modernità e la tradizione possano davvero incontrarsi e creare cose belle aldilà di ogni prospettiva di vita. Che si tratti della fine dell’ultimo anno di scuola come in Grease, dell’inseguire un sogno come in La La Land o addirittura della riscoperta di un passato che diventa presente come in Mamma mia, i musical provano di volta in volta ad uscire dagli schemi imposti dalla società ed in questo caso Whoopi trasformandosi in Suor Maria Claretta  ci è riuscita a pieni voti e ci ha dimostrato per l’ennesima volta che è proprio l’abito a non fare il monaco.

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