Peaky Blinders, la recensione della sesta stagione su Netflix

Peaky Blinders recensione sesta stagione

Ci siamo, i Peaky Blinders sono tornati. Nella quinta stagione Tommy (Cillian Muphy) ci aveva lasciati con il fiato sospeso: premerà il grilletto? Ovviamente no, perché, come dice Polly Gray (la compianta Helen McCrory): «non sarà una pallottola ad uccidere Thomas Shelby».

La prima puntata della sesta stagione si apre letteralmente nel fango. La pistola di Tommy non ha proiettili, Arthur (Paul Anderson) l’aveva preventivamente scaricata intuendo le intenzioni del fratello. Nel fango quindi rimane Tommy, immobile, incapace di reagire all’ennesimo tentativo fallito di porre fine alle sue sofferenze. Ma dallo sporco e dalla delusione, data dall’aver fallito l’attentato nei confronti di Oswald Mosley (Sam Claflin), il leader dei Peaky Blinders si deve riprendere per forza.

È dalla quinta stagione che Tommy lotta con intrighi e sotterfugi al fine di estirpare l’ideologia fascista che si sta diffondendo nel paese come un cancro; ed è anche la prima volta che il gangster vuole fermare qualcuno senza averne un ritorno economico o affaristico. Diciamo che Tommy necessita di un cambiamento, di una redenzione, quindi il combattere un nemico potenzialmente letale a livello mondiale, sarebbe la perfetta soluzione per sopire i demoni che albeggiano dentro di lui. Quindi in qualche modo un ritorno c’è. È proprio la redenzione che Tommy ricerca ossessivamente in questa sesta stagione che, più delle altre, indaga letteralmente all’interno di Thomas.

Se già nelle precedenti stagioni Tommy Shelby era diventato un pianeta e gli altri personaggi dei satelliti, in quest’ultima la sua presenza albeggia continuamente oscurando qualsiasi altra luce. Nonostante delle sotto-trame potenzialmente interessanti da seguire, sono i problemi di Thomas ad interessare le sei puntate. Arthur ormai è un drogato, ha qualche sprazzo di lucidità ogni tanto ma sono lontane le sue indimenticabili scene delle prime stagioni; Ada è una mamma single, fredda, intelligente, ma sempre pronta ad obbedire a Thomas come un soldatino; Lizzie subisce passivamente ogni avvenimento.

La mancanza di Polly si sente molto. La sua voce fortunatamente è ricorrente in tutta la stagione come un monito sia per Tommy sia per Micheal (Finlay Lewis J. Cole) la cui unica ossessione è quella di uccidere Thomas Shelby per vendicare la morte della madre (secondo lui causata dall’irrefrenabile tendenza di Tommy a voler sempre di più, anche a discapito del continuo pericolo a cui sottopone la famiglia). Sarà infatti proprio Micheal l’unico della famiglia a tentare di uccidere il “diavolo”, come lo chiamano lui e la consorte Gina Gray (Anya Taylor-Joy). Nemmeno una bomba sembra però capace di poter uccidere il diavolo. Ma se non sarà un proiettile ad ucciderlo e non sarà una bomba, cosa sarà? Tommy sembra un personaggio destinato all’immortalità; d’altronde il diavolo non può morire.

In ogni stagione la banda ha avuto un nemico da sconfiggere. Nella prima stagione i Peaky Blinders lottano con il trauma bellico, sono gli anni della nascita del comunismo e la Shelby Company prende forma tra allibratori e rapine. Facciamo poi la conoscenza dell’antagonista, il nemico, l’ispettore Campbell (Sam Neill) e dell’adorabile Grace (Annabelle Wallis). La seconda si apre con un lutto, Freddie (Iddo Goldberg) è morto. I Black Lions, sotto ordine di Campbell, assoldano Tommy mentre i Sabini sono il nemico da abbattere. Nel finale di stagione, una delle puntate più belle di tutta la serie, ispettore e Sabini vengono sconfitti.

La terza stagione inizia con un matrimonio, Tommy e Grace possono finalmente vivere il loro sogno d’amore che però dura poco, pochissimo. Tommy si mette in affari con i Russi, Grace muore per mano dei Changretta. L’antagonista è padre Hughes (Paddy Considine), rappresentate delle Lega Economica. La terza stagione si chiude poi con il colpo di scena dell’arresto di tutti i membri della famiglia, tranne Tommy.

La quarta stagione vede i Peaky Blinders in prigione, con un cappio al collo. Poco prima dell’esecuzione arriva l’ordine di rilasciarli. La famiglia si divide e si riunirà solo dopo la morte di John (Joe Cole) per mano del nemico di questa stagione: la mafia (nello specifico Luca Changretta interpretato da Adam Brody).

La quinta è caratterizzata dal crollo della borsa di Wall Street e i molti dubbi sulla fedeltà di Micheal. Tommy nel frattempo è entrato a far parte della Camera dei Comuni ed è qui che per la prima volta fa la conoscenza di Oswald Mosley, prendendo consapevolezza della nascita di un male che si sente in dovere di dover estirpare.

Gli avvenimenti della sesta ed ultima stagione della serie sono invece ambientati nel 1933, un anno politicamente cruciale. Adolf Hitler diventa cancelliere tedesco, forma il suo governo ottenendo in seguito pieni poteri. Inoltre, importante ai fini dello sviluppo della stagione, il 1933 è anche l’anno in cui il proibizionismo viene ufficialmente abolito. Emerge quindi una Storia di cui tristemente tutti conosciamo il finale, ma di cui non possiamo fare a meno di sperare che il super-uomo Thomas Shelby cambi gli avvenimenti.

La fotografia rimane sempre eccelsa, la scelta di utilizzare una colonna sonora anacronistica continua a funzionare egregiamente (Thom Yorke leader dei Radiohead ha composto due brani appositamente per la serie) e il livello attoriale è sublime. È difficile poi concludere le serie, si sa, pensiamo solo alla stagione finale del Trono di Spade o alla nona di Scrubs, e la sesta stagione di Peaky Blinders se la cava invece benissimo; peccato che non sia una fine.

Steven Knight ha infatti dichiarato di voler concludere il viaggio della banda con un film. Troppe sono le domande che restano dopo l’ultimo episodio. Insomma, la sesta stagione si identifica come la chiusura della serie, l’Atto finale dell’opera per dirla con le parole di Alfie Solomons (Tom Hardy), ma di fatto non lo è, e ci lascia solo con molte domande.

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