Un uomo alcolizzato rimane sulla sedia a rotelle a causa di un incidente d’auto, ma riesce ugualmente a diventare un grande fumettista e vincere la dipendenza. A sentire questa sinossi, le sirene del pietismo sembrano pronte a suonare. Ma, a sorpresa, l’allarme rimane silente. E questo grazie al solito tocco estremamente umano di Gus van Sant. La storia di John Callahan (Joaquin Phoenix) in Don’t worry, he won’t get far on foot (qui il trailer) diventa così un percorso spirituale di assoluzione dalle colpe proprie e degli altri, nel quale la disabilità del protagonista è il primo passo.
“Forse la vita non è così sensata come pensiamo”, sostiene un personaggio all’inizio del film. Per questo John viene preso in giro alla prima seduta del santone Danny (un Jonah Hill spaziale) quando dice che il suo alcolismo è dovuto al suo handicap ed alla sua infanzia da orfano. Cerca delle colpe esterne per giustificare quel che è. Ma il senso di tutto questo è altrove, nel vuoto che vede nell’altro e che John riempie con la colpa. Questa realizzazione lo porta ad imboccare la strada giusta, quella verso il perdono. Degli altri e di sé stesso.
È però una strada difficile da percorrere, impraticabile se si è da soli. E l’umanità del film giace in questa consapevolezza. La consapevolezza che la colpa giace da entrambi i lati e che la salvezza ha la stessa doppia cittadinanza. Ma quest’ultima è possibile solo attraverso il perdono, che deve attraversare entrambi i paesi. Così, non solo John deve perdonare gli altri, ma anche accettare la possibilità che proprio negli altri giaccia la salvezza, nel suo amico e guida Danny e nella sensibile Annu (Rooney Mara), sua terapista dopo l’incidente e che rincontra anni dopo, una volta che lei è diventata una hostess. Allo stesso modo deve perdonare i propri errori, dimenticarsi di sé stesso per poter ripartire.
Alla conclusione di Don’t worry, he won’t get far on foot rimane allo spettatore un messaggio dolce e umano quanto eversivo, come il suo protagonista ed il suo umorismo. Ed è proprio in una sua vignetta che troviamo il tutto condensato: due membri del Klu Klux Klan escono in una notte stellata e scambiano una battuta, riguardo ai lenzuoli che coprono il loro volto: “Non li adori anche te quando sono ancora caldi dall’asciugatrice?”. Anche in ciò che ci sembra più lontano da noi, nel male più puro, c’è qualcosa di bello che ci unisce e per quanto piccolo possa essere quel dettaglio, lì giace la salvezza, per noi e per gli altri.