Mercoledì 9 maggio 2018, nell’aula Levi del nostro dipartimento, si è tenuto un incontro di due ore con Enzo G. Castellari, emblematico regista e sceneggiatore del cinema di genere italiano, moderato da Andrea Minuz e Valerio Sbravatti.
Minuz ha efficacemente presentato Castellari come “uomo di cinema” – inteso come personalità che ha fatto del cinema non solo un’arte ma anche un artigianato, un mestiere, una professione composta da una serie di compiti che si devono “saper fare” – e ha parlato dei film di genere come di una colonna portante, capaci di tenere in piedi l’industria cinematografica italiana grazie ai loro incassi e al loro successo di pubblico, malgrado le “miopie” della critica che li ha stroncati. Infine, Minuz ha espresso la sua amarezza per l’assenza di tali cineasti italiani nella gran parte dei manuali di storia del cinema e di come ciò manifesti un certo pregiudizio e snobismo nei confronti di film che meritano la dignità che non è mai stata conferita loro.
La parola è quindi passata a Castellari, che ha avuto la libertà di raccontare la sua esperienza dietro la macchina da presa da vari punti di vista. Il cineasta ha subito mostrato una straordinaria scioltezza discorsiva coadiuvata da un’ironia tipicamente romana, usando talvolta un linguaggio colorito senza però risultare mai volgare, coinvolgendo l’uditorio e trasformando un incontro formale in una “chiacchierata” amichevole. Partendo dalle esperienze sul set, passando per gli aneddoti con le comparse e con i collaboratori, parlando di tecniche di regia, fonti d’ispirazione, guadagni, rapporto con il pubblico e con la critica, e infine dell’amicizia con Quentin Tarantino, Castellari ha dispensato sapere ed esperienza cinematografica, rendendo quest’incontro davvero prezioso.
Nel parlare della propria esperienza da comparsa sul set di Bastardi senza gloria – remake di Quel maledetto treno blindato, film di guerra realizzato dallo stesso Castellari – il regista ha sfruttato l’occasione per paragonare i set cinematografici statunitensi con quelli in cui era solito lavorare, mettendo in risalto un’incredibile differenza di costi di produzione.
Castellari ha espresso la sua predilezione per il genere spaghetti western, pur amando anche il poliziesco – che egli rifiuta di chiamare “poliziottesco” dato che esiste già un termine per indicare il genere e non occorre crearne nuovi. Inoltre, nel raccontare il passaggio da un genere all’altro il maestro ha affermato che gli è bastato sostituire i cavalli con la Giulia e la Colt con la P38, sottolineando il suo amore per le scene d’azione. Alla domanda su quale fosse stato il film preferito tra i propri Castellari ha scelto il western Keoma, rimarcando l’attenzione che un regista deve conferire al montaggio. Infine, memorabile anche il racconto del processo cui è stato sottoposto relativamente a L’ultimo squalo, poiché accusato dalla Universal di aver copiato Lo squalo.
Giunti al termine della conferenza Castellari ha dimostrato una sorprendente disponibilità nel trattenersi con le persone presenti (purtroppo poche, considerando il calibro dell’ospite), mentre i moderatori si sono augurati di poterlo coinvolgere ancora in una serie di lezioni di cinema.
di Davide Pirocci