We Are Who We Are, la recensione: l’augurio di Luca Guadagnino

We Are Who We Are

We are who we are, right here right now: il messaggio di Luca Guagnanino appare lampante sin dai titoli di testa della nuova miniserie che firma per Sky e HBO. La libertà di scoprirsi e riscoprirsi di volta in volta, la volontà di farlo anche quando tutto intorno si oppone e sembra essere ostile. We Are Who We Are (trailer) risulta infatti esplosiva grazie alla costante presenza di due forze opposte e propellenti messe in gioco e in scena dal regista italiano: da una parte il conservatorismo più assoluto, le mura e i confini; dall’altra il progresso, la fluidità in ogni sua accezione, la capacità di abbattere le mura erte e valicare i confini tracciati.

La vicenda si svolge all’interno di una base militare americana, non più “somewhere in northern Italy”, ma a Chioggia. Eppure quel qualcosa di indefinito resta comunque, dal momento che We Are Who We Are è ambientata in un luogo sospeso nel suo essere specifico, il tipo di luogo che sarebbe in grado di (s)opprimere l’estro vitale dei due giovani protagonisti, Fraser (Jack Dylan Grazer) e Cate (Jordan Kristine Seamón), se non fosse che invece loro due, insieme, sono perfettamente in grado di resistere.

L’energia che scaturisce dalla lotta costante di queste due forze in contrasto tra loro, è il binario sul quale viaggia la serie. Emblema dello scontro è in qualche modo la stessa base militare, che è sì simbolo di rigidità e disciplina, ma contemporaneamente è una porzione dell’America sconfinata e per certi versi progressista, all’interno di un paese ben più piccolo come Chioggia. We Are Who We Are è in effetti la serie delle contraddizioni. Niente è come sembra, c’è sempre molto di più, bisogna soltanto essere in grado di osservare e cogliere le miriadi di sfumature presenti nel racconto. Un racconto al cui centro si trovano i rapporti, di ogni tipo, da quelli famigliari, tra le mura domestiche, dove lo spettatore scopre i lati più nascosti dei personaggi, a quelli di amicizia, i più importanti nell’economia della serie coming of age.

We Are Who We Are

Se infatti l’opporsi di progresso e conservatorismo è il binario sul quale viaggia We Are Who We Are, il pilastro sul quale si poggia è la relazione tra Fraser e Cate. L’uno per l’altra sono lo specchio nel quale riconoscersi, nel quale scoprire la propria identità. Non è un rapporto perfetto, perché non lo sono le persone, ma è il rapporto perfetto per questa serie. Luca Guadagnino immerge lo spettatore in un’amicizia intensa, salvavita come possono esserlo solo le amicizie a quell’età. Si passa dalla prima scintilla al fatto compiuto: Faser e Cate si incontrano, si capiscono ed ecco che la puntata dopo sono amici. Non importa come ci si è arrivati. L’ellissi diventa il mezzo attraverso il quale si dipana il racconto. Guadagnino mostra tanto, approfondisce poco e altrettanto poco importa, perché ciò che conta è “right here, right now” appunto.

HBO dopo Euphoria dimostra nuovamente quanto il coming of age sia un laboratorio all’interno del quale sperimentare nuovi modi di raccontare. Le generazioni cambiano, le narrazioni cambiano e i coming of age spesso sono la prima avvisaglia di questo cambiamento. Luca Guadagnino infatti con We Are Who We Are non apre solo uno scorcio sulla vita dei protagonisti, ma spalanca una finestra su un mondo nuovo, invita lo spettatore ad entrare e ad imparare la lezione insieme ai suoi personaggi: siamo chi siamo, il resto non conta.

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