Quando viene arrestata, Frida è una giovane livornese di appena venticinque anni. Dopo aver subito numerosi interrogatori affinché rivelasse il nascondiglio dei suoi parenti, viene trasferita nel campo di concentramento di Fossoli, anticamera dei campi di sterminio nazisti. Dal 16 maggio 1944 al 9 maggio 1945 vive con la costante paura di non potercela fare, alle volte è lei stessa ad invocare la morte perché «sarebbe stata la sua liberatrice». Il lungo calvario inizia ad Auschwitz, continua in Germania, nel campo di Villistat, e termina nel campo di concentramento di Theresienstadt, a sessanta chilometri da Praga. Dopo tre mesi in un ospedale sovietico, riesce a tornare a Livorno, dove ritrova la famiglia, scampata alle deportazioni. Nel 1946 pubblica uno dei primi memoriali sulla deportazione degli ebrei: Fra gli artigli del mostro nazista: la più romanzesca delle realtà, il più realistico dei romanzi (1946). Nel 1980, sollecitata dal Comune di Livorno, pubblica Deportazione: il mio diario, ampliando ciò che aveva già scritto trent’anni prima. Partendo dal manoscritto originale di quest’ultimo, abbiamo ricostruito la sua esperienza attraverso alcuni film: Ostatni etap (1948, W. Jakubowska), Nuit et brouillard (1955, A. Resnais), Kapò (1959, G. Pontecorvo) e Schindler’s List (1993, S. Spielberg). La scelta delle scene non è stata casuale, ma segue un canovaccio sul quale è stato montato il racconto.