Svegliati amore mio, la recensione: su Canale 5 una cruda verità

La Mediaset è sempre stata un immenso bacino di commedie, soap-opera e reality di ogni genere, che tengono lo spettatore incollato ai suoi canali con quella dose di trash e sano divertimento di cui oramai tutti hanno bisogno. Però – con grande fortuna – ci sono dei momenti in cui riesce anche a ritagliare prime serate dedicate a fiction o film di una certa consistenza ed emozionalità.  Questo è il caso di Svegliati amore mio (trailer) , miniserie di tre appuntamenti su canale 5 dal 29 marzo al 7 aprile con la regia di Ricky Tognazzi e Simona Izzo.

Ancora una volta, la coppia di registi che si era già vista all’opera con la serie L’amore strappato, ha voluto accendere i riflettori su una storia vera e, come accaduto anche nel precedente lavoro, che tocca dei tasti molto dolenti nonché tragici. Per farlo ha usufruito di nuovo dell’interpretazione impeccabile di una Sabrina Ferilli che con delle dichiarazioni a Verissimo aveva espressamente detto di sentirsi molto coinvolta sia nella storia che nel personaggio da lei rappresentato, Nanà.

Lo sfondo della narrazione è Porto Sant’Ignazio, nel Sud Italia. Nanà e Sergio (Ettore Bassi) sono una coppia felicemente sposata con una figlia dodicenne, Sara (Caterina Sbaraglia), amante del nuoto. L’equilibrio della famiglia, che vive proprio sul mare, viene spezzato quando ad una gara di nuoto la figlia ha un malore e, dopo giorni di terapia intensiva in ospedale, risulta affetta da leucemia. Nanà perciò comincia una serie di indagini, aiutata dal giornalista Stefano Roversi (Francesco Venditti), per far luce su un problema che causa la morte di tanti bambini: la Ghisal Acciai, dove Sergio, suo marito, lavora da sempre. Grazie a questa collaborazione ed alla sua grande forza di volontà, Nanà riesce a dar voce a tutte quelle mamme che hanno perso i propri figli per la “polvere rossa”, nel tentativo di annientare il “mostro di fuoco”.

In Svegliati amore mio la Ferilli apre le porte – ancora una volta – per farci entrare in un’altra dimensione, la sua, quella della realtà, nuda e cruda, dei sentimenti veri e fragili, delle verità non dette e cercate di nascondere con il potere. La sua interpretazione superba fa sì che lo spettatore senta sulla propria pelle quello che sta succedendo al di là dello schermo. Che pianga con lei, si disperi con lei, combatta con lei. Ed è forse un po’ questa la sua magia.

C’è una realtà che ricostruisce esattamente quello che accade davvero – essendo tratta da una storia vera – ossia quella delle acciaierie, dell’Ilva di Taranto, che ci ricordano quanto ancora oggi molti bambini muoiano per colpa di tumori causati da queste polveri che non smettono mai di essere espulse da questi centri siderurgici. Una lotta che va avanti da anni ma che ancora – purtroppo – non ha trovato una sua conclusione e che si spera, attraverso anche dei messaggi che il mondo artistico può e deve mandare, possa trovare una sua fine.

Il montaggio – ed in particolare la fotografia – di Svegliati amore mio mostrano i lati di due realtà diverse, come se fossero due mondi diametralmente opposti. Da una parte c’è un cielo limpido, colori più freddi, un’atmosfera leggera. Dall’altra parte tutto si tinge di rosso, i colori si trasformano diventando più caldi, minacciosi, terrificanti. Un messaggio chiaro, che vuole solo significare: dall’altra parte incontrerai la paura e la disperazione, il famoso “mostro di fuoco”, come spesso viene ripetuto nella serie. Una sceneggiatura tagliente, frasi che vogliono arrivare dritte nel cuore di chi guarda, nella speranza che qualcosa si possa muovere verso un orizzonte migliore di questo.

Il motivo per guardare questa serie è uno, molto semplice: ricordarsi la sofferenza di tante persone, che vogliono un mondo migliore. Una vita migliore. Ed è solo addentrandosi nei meandri del problema che questa fiction propone, che si può capire quanto veramente conta poter fare la differenza semplicemente non arrendendosi mai.

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