Io, Leonardo, la recensione del docufilm su Sky

Io, Leonardo

Dopo il successo firmato Sky di Raffaello, il Principe delle Arti (2017) e Michelangelo: Infinito (2018), arriva Io, Leonardo (trailer) il docufilm sul genio del Rinascimento italiano, Leonardo Da Vinci (Luca Argentero). Nel cinquecentenario della sua morte, Sky Arte ci regala un vero e proprio viaggio all’interno della mente del grande artista. Regia di Jesus Garces Lambert con le voci narranti di Francesco Pannofino, il documentario si muove all’interno della mente di Leonardo, ripercorrendo i momenti fondamentali della sua vita, dalla nascita a Vinci (Toscana) fino alla sua morte nel castello di Amboise in Francia.

Solo tu sei riuscito a rappresentare i sentimenti umani, come la figurazione del mistero divino. Il tuo infinito desiderio di conoscenza si fa vivo, questa è la tua mente, la mente di un genio.” Il documentario si sviluppa prendendo in considerazione non solo il Leonardo artista, ma anche il suo intenso di studio della natura, assieme alle ragioni che hanno permesso le sue scoperte scientifiche. Ci si ritrova dunque ad assistere ad un viaggio in cui protagonista assoluta è la mente stessa del genio, rappresentata come un macchinario in incessante movimento. Al centro del cervello/macchinario pieno di carte, libri e pennelli sta un Leonardo Da Vinci giovane e bello, che non muta questo aspetto neanche alla sua morte (in quanto la mente del genio è immortale).

Basandosi principalmente sugli scritti del Trattato della Pittura (redatto dall’artista stesso), il documentario mette in mostra la genialità di Leonardo a partire dalla sua infinita curiosità scientifica, fino al rapporto molto intimo con le sue paure e insicurezze che lo accompagnano dall’infanzia. Dalle colline Toscane fino al Castello Sforzesco di Milano, ci troviamo ad osservare la genesi di alcune fra le più importanti opere d’arte della storia come la Gioconda, l’Uomo Vitruviano, la Dama con l’Ermellino e l’Ultima Cena, di cui ci viene mostrato anche l’attento lavoro di Leonardo nell’assegnare le posizioni da assumere ai suoi modelli.  

Un film carico di pathos ed energia, in disaccordo con la classica rigidità dei documentari d’arte, che riesce perfettamente ad illustrare il rapporto profondamente complesso e frenetico che il genio toscano aveva con se stesso e la sua arte. A porre un accento sulla natura del documentario è anche la recitazione di Luca Argentero, che ci regala una performance teatrale ed ampollosa, perfettamente in linea con l’atmosfera onirica e quasi surreale del film.

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