Il processo ai Chicago 7, la recensione del film su Netflix

Su Netflix: Il processo ai Chicago 7, la recensione

Quella de Il processo ai Chicago 7 (trailer) è una toccante storia vera, diretta da Aaron Sorkin per Netflix. Il processo di ben 6 mesi, che vide gli imputati condannati a cinque anni di detenzione in un carcere federale per le proteste contro la guerra in Vietnam che ebbero luogo durante l’estate del ’68. Sette uomini, sparsi per i 50 stati a stelle e strisce, si incontrano a Chicago per fermare la guerra. Hippies, democratici, pacifisti capeggiati da Tom Hayden, Rennie Davis, Abbie Hoffman,  Jerry Rubin e David Dellinger. La vera lotta sarà non lottare, riuscire a difendere il proprio diritto di parola, di chiedere giustizia a chi la giustizia la incarna. Verranno accusati di aver acceso la miccia degli scontri con i poliziotti di Chicago, e sembrerà impossibile riuscire a dimostrare la verità, quando ad accusarli è il colpevole.

Da Joseph Gordon-Levitt a Michael Keaton non si possono che spendere complimenti per l’ interpretazione: dal personaggio più eccentrico, Abbie Hoffman (Sacha Baron Cohen), a quello col profilo più basso, Rennie Davis (Alex Sharp), si riesce a percepire ogni sfaccettatura emotiva, che li abbia attraversati durante il processo. La scelta di presentare i protagonisti prima che avvenissero i fatti che sarebbero passati alla storia è molto convincente, così come ritrovarli poi all’inizio del processo, quindi dopo gli atti compiuti, scelta anch’essa azzeccatissima.

Riesce così, Sorkin, ad attirare costantemente l’attenzione dello spettatore, saltando dal presente dell’aula di tribunale, ai flashback dei protagonisti, al racconto indiretto dei personaggi. In maniera efficace riesce a compensare la tensione e l’aspettativa che viene a mancare negli interrogatori. Le scene ambientate in tribunale non hanno infatti la memorabilità che caratterizza film come Codice d’onore e Sleepers, certo, ma al punto in cui sembra concludersi la vicenda ecco che i colpi di scena arrivano: il coinvolgimento di Michael Keaton ha un che di geniale che ci ricorda di stare guardando un film su un processo, non semplicemente un documentario. Da quel momento in poi i nodi iniziano a sciogliersi e si entra nel vivo: discussioni, ricordi, e la determinazione di chi, per le proprie idee, darebbe tutto. Le scene che meritano veramente di essere applaudite vedono Eddie Redmayne come perno: il momento in cui egli stesso chiede di ascoltare la registrazione che lo metterebbe alle strette in sede processuale, dove si raggiunge l’apice della narrazione; il finale da ovazione, che ci ricorda perché si sta raccontando questa storia: per non dimenticare.

Sette uomini contro gli Stati Uniti, per la giustizia. La giustizia stessa viene processata, è messa alla sbarra, perché proprio chi dovrebbe perseguirla, la manipola. Ed è grazie al senso di impotenza e frustrazione che permeano ogni scena che alla fine ci si sente trionfare. La presenza delle Pantere Nere rimanda, inevitabilmente, anche a Forrest Gump, che a modo suo attraversa proprio gli stessi anni e le stesse battaglie che li vedono protagonisti. Una messa in scena rischiosa, ma dovuta, quella sul maltrattamento della Pantera Nera (Yahya Abdul-Mateen II) imputata senza motivo, che vuole muovere la coscienza di tutti, affinché venga resa giustizia anche al ricordo che ne abbiamo oggi.

Il processo ai Chicago 7 è una produzione Netflix che rispetta le aspettative create sin dal primo trailer, in grado di essere considerata come una piccola perla dei nostri tempi. Sarebbe da immaginare Aaron Sorkin rispondere a Tom Hayden se gli fosse stato chiesto di avere un po’ di coraggio.

“Ne ho avuto un po’?”

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