I delitti di Valhalla, la recensione della serie su Netflix

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I delitti di Valhalla (trailer), prodotta in coproduzione con Netflix e Rùv (canale nazionale islandese), rappresenta di fatto la prima produzione Netflix islandese. La serie, ideata e diretta dal giovane Thordur Palsson, è sbarcata nel catalogo del colosso streaming il 13 marzo ed è composta da otto episodi scritti da Margrét Örnólfsdóttir, Ottó Geir Borg e Mikael Torfason in collaborazione con lo scrittore di thriller Óttar M. Norðfjörð.

La storia è ambientata nella città di Reykyavìk, dove la polizia si trova improvvisamente alle prese con un considerevole numero di omicidi. La città è sconvolta e la polizia comprende che non si tratta di omicidi isolati, ma che sia probabile la presenza di un fil rouge che le unisce. La detective Kata (interpretata da Nína Dögg Filippusdóttir) dovrà cercare di risolvere questo caso intricato e molto seguito dalla stampa e dall’opinione pubblica; inoltre a supporto delle indagini verrà chiamato direttamente da Oslo il commissario Arnar (Björn Thors). Al tutto si aggiungono le problematiche interne all’organo di polizia che porteranno alla complicazione delle indagini. I due detective, completamente diversi caratterialmente e delineati da situazioni familiari non semplici, iniziano a lavorare al caso quando emerge un fattore comune che li porterà a concentrare i loro sforzi su Valhalla, un orfanotrofio dove più di 30 anni fa si sono verificati crimini terribili.

Ormai è un dato di fatto che tra il crime e le regioni scandinave si sia creato un legame a doppio filo. Sono ormai molte e consolidate le opere televisive, cinematografiche e letterarie (Stieg Larsson e Camilla Läckberg solo per citare i più conosciuti) che hanno avuto come centro dell’indagine i territori dell’Europa del nord e che hanno contribuito a creare un immaginario noir controcorrente rispetto ai crime dei paesi di forte tradizione poliziesca.

La serie è caratterizzata da una ambientazione asettica, fredda, ma profondamente realistica, che diventa un elemento importante, in grado di fare la differenza e in grado di esaltare le concitate indagini, l’austerità dei personaggi e infine ponendo in netto contrasto il rosso del sangue con il bianco della neve.

Kata e Arnar sono due personaggi che si apprezzano con lo svolgersi della vicenda. Inizialmente risultano agli occhi dello spettatore come freddi e distaccati, come se fossero in sintonia con l’ambiente ghiacciato circostante.Ddalla seconda metà della stagione però riescono a mostrare la loro verità e le ferite che si portano dietro: Kata è una madre, una poliziotta e una stacanovista, che però avrà dei momenti di sconforto quando ha il sospetto che il figlio adolescente possa aver commesso un crimine orribile ai danni di una ragazza; mentre Arnar risulta essere molto empatico e comprensivo della sofferenza degli orfani di Valhalla, essendo stato poco amato durante l’infanzia.

Nel complesso I delitti di Valhalla risulta una serie ben scritta, anche se inizialmente lo spettatore fa fatica a entrare a pieno ritmo nel racconto. La serie muove i primi passi in modo tradizionale, anche se con lo svolgersi della vicenda si palesano dei colpi di scena e delle svolte narrative che porteranno lo spettatore ad essere risucchiato in questo universo angosciante e tremendo, mostrando una realtà oscura, spaventosa e problematica.

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