Speravo de morì prima, la recensione della miniserie in onda su Sky

Speravo de morì prima

Dal 19 marzo su Sky è disponibile Speravo de morì prima (qui il trailer), miniserie originale diretta da Luca Ribuoli (La mafia uccide solo d’estate, L’allieva) e scritta da Stefano Bises (Gomorra: La Serie, ZeroZeroZero) e Michele Astori (La mafia uccide solo d’estate) ed interpretata da Pietro Castellitto (La profezia dell’armadillo, I predatori), Greta Scarano (Smetto quando voglio-Masterclass, Smetto quando voglio-Ad honorem) e Gianmarco Tognazzi (Non ci resta che il crimine, Sono solo fantasmi).

La miniserie si concentra sugli ultimi anni di carriera nella Roma del Capitano Francesco Totti alla soglia dei suoi quarant’anni, e sul suo rapporto con le persone che lo circondano, prime tra tutte la moglie Ilary Blasi e l’allenatore Luciano Spalletti.

Sin dalla prima puntata è chiaro il fatto di non trovarsi davanti al solito prodotto celebrativo che decanta retoricamente per tutta la sua durata le lodi del protagonista. Niente del genere. Speravo de morì prima si distingue subito per la leggerezza dei toni legati perfettamente alla grande capacità nel far trasparire la profonda umanità e nostalgia di un personaggio apparentemente “lontano” dal normale come il Capitano. Merito, questo, dell’intelligente e variopinta scrittura di Bises e Astori, piena di estro e capace di mantenere sempre alto l’interesse senza raccontare mai qualcosa in maniera banale. In grado di dare il giusto spessore anche ai personaggi secondari come la madre del Capitano, Fiorella Totti (Monica Guerritore), il padre Enzo (Giorgio Colangeli, Permette? Alberto Sordi) o Antonio Cassano (Gabriel Montesi, Favolacce). Assistiamo a fermi-immagine, abbattimento della quarta parete, improvvisi cambi di registro e di genere e chi più ne ha più ne metta. Il tutto risulta perfettamente amalgamato con omogeneità ed originalità, tanto da essere uno dei massimi punti di forza di Speravo de morì prima.

Assolutamente degna di attenzione è la recitazione. Pietro Castellitto, non assomigliando affatto al vero Totti (e questo è l’aspetto veramente interessante) non cade mai nell’imitazione ma, proprio grazie a questa non-somiglianza, è libero di concentrarsi ed esplorare i gesti, gli sguardi, e soprattutto la voce del personaggio per mostrarci il campione romano in una maniera che ce lo fa apparire, sullo schermo, quasi più vero del vero, assolutamente credibile. Non sono da meno Greta Scarano e Gianmarco Tognazzi, entrambi capaci di arricchire i loro personaggi con molte sfaccettature. La prima interpreta Ilary Blasi ed è un po’ la voce della coscienza, capace di mettere tutto nella giusta prospettiva e di aiutare il Capitano nei momenti di maggior crisi. Mentre il secondo è Luciano Spalletti, vecchio allenatore della Roma che ritorna dopo anni con l’apparente intenzione di voler porre fine a tutti i costi alla carriera di Totti. Ad una prima occhiata potrebbe sembrare che sia lui l’antagonista del nostro eroe, ma non è così.

Il grande nemico di Totti non è Spalletti, ma il tempo; l’unico avversario contro il quale si può al massimo rimandare lo scontro ma non si può certo sperare di vincerlo. Qui la serie assume una portata universale, capace di comunicare a tutti proprio perché tratta il grande tema comune a tutte le persone, la partita che siamo obbligati a giocare da titolare: quella contro il tempo che inesorabilmente passa. Francesco Totti è si il grande campione che tutti conoscono, ma è soprattutto un uomo con una passione, che affronta il disagio e la fine di tale passione potendo solamente rimandare l’inevitabile.

Che si sia un grande campione o un tifoso della Curva, quei famosi <<vent’anni pe’ gamba che nun fanno du’ volte venti, ma quaranta>> arrivano per tutti.  <<Te s’apre er core come ‘no sportello>> direbbe Pascarella, ma non ci si può far niente. Bisogna scoprire che <<il mondo è come la palla, ma più grande>> e che quando la luce si spegne lasciando tutto al buio, è all’ora che si accende quella sul secondo tempo.

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