#RomaFF19: Flow, la recensione del film di Gints Zilbalodis

Flow

Presentato nella sezione Alice nella Città alla Festa del Cinema di Roma, Flow (2024, trailer) di Gints Zilbalodis è un’opera d’animazione fuori dagli schemi e dalla grande portata morale. Un gattino pauroso trascorre solitario le giornate su un’isola, ma una terribile inondazione lo costringerà a scendere a patti con altri animali su una barca di salvataggio. L’essenzialità di racconto sposa l’epica della traversata. Gints Zilbalodis segue così il sentiero già battuto con il suo Away (2019), viaggio dell’eroe contro un’ombra minacciosa, e costruisce un racconto di suoni e azioni dalle reminiscenze bibliche. L’arca di Noè è ora condotta unicamente da animali. La loro salvezza è una meta misteriosa alle soglie dell’umana comprensione. Fino a che punto si spingeranno i nostri eroi?

La caratterizzazione degli animali protagonisti è scevra da qualsiasi complicazione ed è facilmente leggibile. Non esistono dialoghi in Flow, ma solo gesti chiari e riconoscibili. Sappiamo che il cane pasticcione abbandona l’atteggiamento predatorio iniziale nei confronti del gatto-nuovo compagno di giochi, quando abbaia protettivo contro il maestoso uccello dalle piume bianche. Sappiamo che il lemure è un feticista degli oggetti di vetro, quando lo vediamo perdere tempo a radunare bicchieri e stoviglie invece di saltare sulla barca. Quanto succede è così cristallino da rivelare i conflitti interiori dei “personaggi”. Questi devono sacrificare la compagnia del loro mondo ordinario e ritrovare una nuova ragione di essere all’interno di una nuova comunità, anche se questo significa l’esilio volontario (o imposto) dalla famiglia biologica. In una terra dominata dalla legge della prevaricazione, il diluvio universale si fa inevitabile prova del fuoco. Cosa lasceranno andare i protagonisti di loro stessi?

È interessante notare come in tal senso, nel corso della loro avventura, gli animali si specchino di continuo nel vero senso della parola. Il loro riflesso bagna l’oceano e colora l’oggetto sacro che il lemure custodisce ossessivamente nella sua cesta. Il significato dello specchio cambia in base al momento della vicenda: può essere la conferma di un egoismo, come anche l’accendersi di una rinascita. Gli animali percorrono alla maniera umana un cammino di conoscenza di sé stessi, alla quale corrisponde un contatto con le civiltà (ormai) del passato. Gigantesche architetture abitano il mondo, rispetto alle quali i protagonisti sembrano formiche. Il richiamo religioso è palese. Quello è il Dio della Genesi e noi animali/spettatori siamo gli umili servi sperduti, in attesa che il creato si ristabilisca (forse) in meglio. La nostra prospettiva rimane quella del gattino. Siamo con lui quando rischia di affogare. Siamo con lui quando impara a cacciare.

Flow

La poetica del viaggio iniziatico si sposa poi in Flow con paesaggi visivamente mozzafiato. Senza eccedere, questi ricordano molto gli scenari di un videogioco. Spesso, infatti, la regia di Zilbalodis si muove come la telecamera di un videogioco in terza persona. Conseguente è l’immersione in un mondo curato nei minimi particolari. Seguendo questo pensiero, Flow ricorda molto Stray (2022), opera videoludica della BlueTwelve Studio in cui impersoniamo proprio un gatto. Magari è una coincidenza, ma anche il protagonista di Zilbalodis è uno stray/randagio senza più una casa.

Tornando ora al Cinema, Flow possiede anche la limpidezza e la “semplicità” de La guerra del fuoco (1981) e de L’orso (1988) di Jean-Jacques Annaud. Entrambi sono capolavori senza dialogo (o quasi) il cui punto nevralgico è proprio il linguaggio del corpo. Flow ne eredita il vocabolario di gesti e mimica, restituendo con la loro essenzialità la complessità delle emozioni. Come nel film del 1981, anche in questo del 2024 si creano fazioni di “animali” devoti alla sopravvivenza, ma pur sempre consci di quanto l’unione faccia la forza. Come nella pellicola del 1988, anche in Flow il punto di vista è quello di un quadrupede e del suo rito di passaggio verso l’età adulta. Ciò che rimane nell’opera animata di Zilbalodis è il grado zero di una parabola libera da sovrastrutture sul nascere di un’amicizia. “Semplice” come la sua morale, mitico come il suo corso. Flow/fluire è commovente epica.

Al cinema dal 7 novembre.

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