
L’11 giugno 1965 viene distribuito nelle sale Repulsion, secondo lungometraggio di Roman Polański, vincitore al Festival di Berlino dell’Orso d’argento e del Premio FIPRESCI. Il film, insieme a Rosemary’s Baby (1968) e Le Locataire (1976) costituisce la «trilogia dell’appartamento», la quale ha come tema comune le nevrosi dei personaggi e il rapporto conflittuale con l’ambiente nel quale vivono.
L’opera espone il cambiamento psicologico di Carol (Catherine Deneuve), la quale abita con la sorella maggiore Helen (Yvonne Furneaux), in un appartamento londinese. Quando quest’ultima partirà per un viaggio in Italia con il suo amante Michael (Ian Hendry), Carol sarà lasciata a sé stessa e dovrà affrontare le allucinazioni e le dissociazioni che la sua mente le provocherà. Nella prima parte dell’opera viene approfondito il rapporto con la sua quotidianità: il salone di bellezza nel quale lavora, il rapporto con la sorella e il suo viscido amante Michael, e infine il rapporto con Colin, un ragazzo che corteggia Carol nonostante i suoi numerosi rifiuti. La seconda parte del film invece, si focalizza sulla reclusione da parte della protagonista nell’appartamento e sulle complicazioni che la sua mente le comporta.
Carol cerca di creare una realtà integralmente femminile nella quale rifugiarsi, lavora infatti in un salone di bellezza in cui le dipendenti sono sole donne e vive da sola con la sorella. Questa realtà è però messa ripetutamente a rischio dall’intrusione maschile, la quale viene vissuta con estremo disturbo da parte della protagonista. I personaggi maschili rappresentati infatti, per quanto apparentemente genuini o benintenzionati, sono sempre fondamentalmente interessati alla sola consumazione di un rapporto fisico con la ragazza. Questa intrusione maschile nella sua realtà è viscida e violenta, si manifesta tramite la vicinanza fisica di questi personaggi e tramite dei tocchi fugaci e inaspettati, non per questo non invadenti, che la protagonista riceve.

Spesso è presente nell’appartamento Michael, amante della sorella, il quale si ferma nell’abitazione per passare la notte con Helen, lasciando effetti personali nel bagno condiviso. Questi sono i primi elementi che infastidiscono Carol, i quali nascono non casualmente all’interno dell’ambiente domestico e sconfinano perdipiù nell’ambiente intimo del bagno. L’appartamento è il simbolo della psiche della protagonista, la quale riesce a mantenere un equilibrio mentale solo quando è unicamente con la sorella. L’equilibrio però crolla quando il turbamento scaturito dal maschile entra violentemente e abusivamente nell’abitazione, tramite i corpi dei personaggi rappresentati.
Le attenzioni del lusinghiere Colin nei confronti di Carol, per quanto inizialmente dettate da un genuino amore, si trasformano presto in un’ossessione che lo conduce a buttare giù la porta dell’appartamento di lei, pur di entrare. Questo spaventa molto la ragazza, la quale decide di barricarsi nell’abitazione e bloccare la porta d’ingresso con delle travi. La psiche di Carol qui crolla lentamente, questo crollo oltre a manifestarsi in violenti episodi è rappresentato simbolicamente dalle crepe sulle pareti dell’abitazione, le quali iniziano a moltiplicare e ad allargarsi. Il sempre più labile contatto con la realtà è manifestato dal malfunzionamento del telefono nel soggiorno, oltre che dalla visione filtrata dell’esterno attraverso i vetri delle finestre e dallo spioncino della porta.

Le relazioni sociali che Carol intercorre con i personaggi maschili, sono sempre rappresentate insieme ad elementi collegabili alla voracità e alla sete, o più generalmente al cibo e all’acqua. Colin chiede infatti più volte di pranzare con la ragazza, inoltre dopo che fa cadere giù la porta dell’appartamento, egli finisce senza vita nella vasca da bagno piena d’acqua. Sempre nel bagno, Michael lascia il suo rasoio e il suo spazzolino nel bicchiere d’acqua che usa Carol. Egli porta inoltre un coniglio a Helen (simbolo di fecondità) per cenare con lei, anche qui ritorna la consumazione. Lo stesso coniglio sarà poi oggetto di conversazione tra Carol e il proprietario di casa, quando anch’egli entrerà bruscamente nell’appartamento, il quale successivamente le offrirà un bicchiere d’acqua per avvicinarsi a lei.
Carol vive in maniera combattuta la sua sessualità, passa infatti dalla totale riluttanza per la consumazione di un rapporto sessuale, ad uno spontaneo e curioso istinto per l’universo maschile. Dopo che Colin accompagna in macchina la ragazza, egli cerca di baciarla: dopo il primo rifiuto riesce a strapparle un bacio, lei inizialmente sembra bendisposta, ma subito dopo esce dall’autovettura e fugge via verso casa per lavarsi precipitosamente le labbra. In un’altra sequenza si può vedere Carol che notando la canottiera di Michael sul pavimento, si accinge a metterla nel cesto dei panni sporchi, prima di ciò però, la porta improvvisamente al viso per annusarla; sconvolta poi, corre verso il fuori campo facendo intuire di dover vomitare. Un ultimo esempio di questa sessualità combattuta è rappresentato dal rossetto che la ragazza pone sulle labbra prima di coricarsi a letto, dove sa che avrà un particolare incontro. Il contatto fisico con i personaggi maschili, o con i loro oggetti, è vissuto con totale riluttanza da parte del corpo della protagonista; riluttanza contrapposta invece al tocco dei personaggi femminili, con i quali viene creata un’intesa spensierata e accogliente.

L’opera anche tramite l’utilizzo del sonoro rappresenta nell’appartamento l’irruzione dell’esterno, quindi l’irruzione della realtà nel campo percettivo della protagonista. Anche dopo che Carol ha tagliato il cavo telefonico e serrato la porta d’ingresso, i rumori sono capaci di arrivare all’interno dell’abitazione: è la realtà che entra violentemente nel mondo allucinato e paranoico della ragazza. Il rumore delle campane del convento davanti all’abitazione, viene inserito più volte sia come indice di un mondo esterno, sia come preavviso per quelle che sono le sequenze più violente nel film; sequenze d’altronde mute, le quali ribadiscono la dialettica esterno-interno e rumore-silenzio. I rumori domestici invece, come il gocciolio dei rubinetti o il ticchettio degli orologi, sono elementi che riportano brevemente l’attenzione temporale e spaziale all’interno dell’appartamento; sono rumori che però, ripetuti nel tempo, tendono anch’essi a logorare la percezione della realtà della protagonista.
L’opera rappresenta quindi il lento crollo nevrotico di Carol, esplorando i rapporti con i personaggi maschili e mettendo in scena le allucinazioni delle quali è vittima. L’indole soggettiva è marcata inoltre fin dall’apertura del film, la quale è un particolare dell’occhio della ragazza sul quale appaiono i titoli di testa. Anche la conclusione avviene, con un movimento ottico, sull’occhio di Carol, questa volta però su una fotografia che la ritrae ancora bambina: stessa fotografia che suggerisce la nascita del problema che la sta segnando nell’età adulta.