RECENSIONE HELL FEST: NON PROPRIO UN PARCO DIVERTIMENTI

Fin dalle prime inquadrature Gregory Plotkin imprime la sua firma di montatore professionista con un dinamico e incisivo montaggio alternato tra i titoli di testa – accompagnati da impaurite voci fuori campo – e le prime inquadrature della giovane ragazza che entra in una casa stregata, per poi accorgersi troppo tardi di essere pedinata da uno psicopatico assassino mascherato. Questa scena iniziale è la premessa del film, il suo prologo, in cui sono contenuti già tutti gli elementi stilistici e tematici che da qui ricorreranno insistentemente, tra cui l’ambientazione in parchi dell’orrore, l’imperscrutabilità e l’anonimato del killer e la tipologia di vittima da lui prediletta.

È Halloween e per l’occasione arriva in città l’Hell Fest, un festival itinerante a tema horror, con labirinti, giostre e attori mascherati che spaventano i visitatori. Natalie (Amy Forsyth) viene persuasa dalla migliore amica Brooke (Reign Edwards) a parteciparvi insieme ad alcuni loro amici. L’entusiasmo per questa spaventosa esperienza è follemente intenso e tutti non vedono l’ora di assaporare la paura e l’adrenalina. Solo lo spettatore però riconosce immediatamente tra la folla dell’Hell Fest il killer della scena d’apertura.

Il fascino di questa trama è certamente il sadismo dell’Altro (termine con cui il regista denomina il killer) e le situazioni di ambiguità che genera: tutti sono all’Hell Fest per vivere la paura e sprofondare nel terrore, sicuri però di essere al sicuro, perché tutto in fondo è solo una magnifica finzione. Perciò anche il pericolo reale viene vissuto come parte del gioco e confuso con una recita in maschera, che presto si rivelerà fatale e atroce. Cosa c’è di più agghiacciante che assistere a un omicidio credendolo una farsa? L’idea di mantenere anonima l’identità dell’Altro è efficace e porta con sé un orizzonte di senso inquietante: chiunque potrebbe essere l’assassino.

Hell Fest fa proprie le atmosfere horror degli anni ’80, soprattutto grazie alla regia e all’ottimo montaggio di Gregory Plotkin, un grande professionista del genere: regista di Paranormal Activity 5 e montatore degli altri film della saga, di Scappa – Get Out e Auguri per la tua morte. Plotkin porta avanti una preferenza per scene tipicamente splatter, non tanto consuete oggigiorno negli horror mainstream, e il gusto per il truculento è ampiamente presente in Hell Fest, anche se comunque non eccessivamente per gli habitué del genere. A livello stilistico è molto affascinante il gioco di luci, contrasti e colori psichedelici, che vanno dal rosso al viola, dal verde al blu, investendo tutte le realtà cromatiche di una certa intensità.

Hell Fest è anche un contenitore di tutti gli ingredienti della cinematografia horror, come perturbanti bambole, clown angoscianti, spettri e serial killer. Non è un horror che colpisce con forza lo spettatore, come i recenti Hereditary e It Follows, forse anche a causa della scelta di un cast con cui non sempre l’immedesimazione è immediata, ma ci troviamo di fronte piuttosto a un sentito omaggio a un genere cinematografico, molto curato nell’evoluzione della suspense e in molte scene di forte impatto, nonché il perfetto film da guardare nella notte di Halloween.

di Corinne Vosa

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