#PesaroFF61: quarta giornata del Concorso del Nuovo Cinema

l'attaque della diligence noè grenier recensione dasscinemag

Lungo il filo conduttore del passato come lente attraverso cui interpretare il presente, si collocano anche i tre cortometraggi presentati nella quarta giornata del Concorso del Nuovo Cinema. Il ricordo, la storia e la tradizione. La terra, le radici e il cambiamento. Il positivo e il negativo. Una riflessione sui segni lasciati dal passato e una costante ricerca di nuovi modi per raccontarlo.

L’attaque de la diligence del videoartista francese Noè Grenier si presenta come un esperimento visivo della durata di poco meno di quattro minuti, e si propone di rielaborare l’archetipo del western americano, molto caro al regista. Il cortometraggio utilizza Ombre Rosse di John Ford, proiettato all’interno di un atelier per poi essere fisicamente manipolato e filmato nuovamente. La dimensione personale è prorompente e tutto si può ricondurre ad un ricordo scatenante: il ricordo di un bambino affascinato dai film western che il nonno guardava su una piccola televisione in bianco e nero. È da qui che si accende una rivisitazione del passato. L’attaque de la diligence si pone più nel registro di un atto performativo che di un film, dove predomina una componente corporea, nella manipolazione fisica della luce, del suono e dell’esperienza della proiezione stessa. C’è un’espansione totale del tempo e nello spazio: l’immagine si estende nei tre schermi affiancati, e si dilata del tempo, attingendo al passato e proiettando al futuro. Tutto è in continuo movimento, il cavallo al galoppo, ripetitivo e costante e la luce, mossa continuamente in modo arbitrario e repentino. Grenier estrapola momenti e immagini di un film per poi sconvolgerli e portarli allo sfinimento, ma riuscendo a proporre, in definitiva, un’opera leggibile e indipendente, che riporta agli occhi un tempo andato, reso immortale dalla sua relazione con il presente.

Al basateen pesaro antoine chapon dasscinemag

A seguire è stato presentato Al Basateen (trailer), in cui arte visiva e strumenti multimediali si uniscono, e con cui Antoine Chapon riporta la traumatica esperienza della popolazione del quartiere periferico di Damasco, Basateen al-Razi (Il Frutteto), testimonianza dell’annullamento culturale perpetrato del regime di Bashar al-Assad durante la guerra civile siriana. Un quartiere vivace, popolato da migliaia di famiglie, attraversato da fiori e frutteti, raso al suolo davanti agli occhi dei cittadini impotenti, costretti ad assistere alla distruzione di secoli di storia. Queste iniziative del regime sono considerate punizioni nei confronti delle rivolte e del dissenso, sfociate spesso in bagni di sangue. Una guerra psicologica e spirituale verso l’annichilimento di tutto ciò che è storia, bellezza e identità, di pari passo con la crudeltà della speculazione edilizia

La nuova urbanistica che prende il posto del quartiere dei frutteti è impersonale, asettica, una foresta di palazzi che rifiutano la storia della città in nome della modernità, nel tentativo di mettere a tacere tutto ciò che non si allinea alla loro politica. I canti popolari ricorrenti rimangono l’unico portale spazio-temporale che permette di mantenere viva la storia che la dittatura tenta di cancellare. Nelle difficoltà la comunità è rimasta unita, continuando a ricordare e a lottare; ed è dall’amore e dalla reminiscenza nostalgica di un passato fiorente che scaturisce la necessità di raccontare. La sperimentazione artistica e multimediale e le testimonianze senza volto di chi ha vissuto in prima persona il terrore del regime rendono Al Basateen un documento indispensabile di resistenza artistica, sociale e politica.

pedras instaveis ewlina rosinska dasscinemag

L’ultimo film presentato nel corso della giornata è stato Pedras Instaveis (trailer), di Ewelina Rosinska, filmmaker polacca che accompagna con una cinepresa Bolex la sua esplorazione contemplativa del Portogallo. Girato in 16 millimetri nel corso di 5 anni, il cortometraggio è stato poi montato in maniera descritta dalla regista come intuitiva, seguendo il fluire delle stagioni e i ritmi della natura, andando a elaborare e ricostruire la collezione di immagini. Affiancata dal cantautore portoghese Nuno Barroso, e occasionalmente da un gruppo di artisti e attivisti, la regista vaga per le campagne del Portogallo, riportando dettagliatamente il percorso del suo sguardo. Da un cantiere contrassegnato dalla scritta dipinta “pedras instaveis” (rocce instabili), comincia a dirigere l’attenzione a animali e ambienti naturali, affidandosi alla raccolta di immagini come mezzo per rapportarsi al reale, alternando colore e bianco e nero in maniera apparentemente casuale. Nel girovagare senza meta accompagnato, quasi distrattamente, da una videocamera analogica, costruisce un archivio di immagini e suoni naturali che rimane, però, fine a se stesso. Propone un reportage naturalistico che non sempre riesce ad essere poetico, mancando di accendere la miccia della voluta riflessione sull’imposizione umana nel mondo naturale.

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