Permette? Alberto Sordi, un tuffo nella tradizione Rai

Alberto Sordi

Prendete un personaggio più o meno noto della storia del nostro Paese; studiatene la vita e se non ha conflitti particolarmente interessanti, creategliene uno (molto meglio se di tipo famigliare e/o amoroso); prima di iniziare, lavatevi le mani (soprattutto in questo preciso periodo storico). Ora siete pronti: impastate ad alta velocità gli eventi della storia con l’inconsistente conflitto che gli avete creato; truccate rapidamente un attore (se possibile, uno tra i più bravi in circolazione); riciclate costumi d’epoca, parrucche e location che tenevate in dispensa dalla scorsa ricetta; aggiungete qua e là dei cliché e lasciate riposare a lenta cottura. Ora potete gustare la più classica delle ricette Rai: il film biografico!

Alberto Sordi, attore-simbolo di italianità e ancor più di romanità, ha regalato al cinema nostrano (ed internazionale) personaggi e scene memorabili, ancora oggi ricordati e omaggiati. Rai Fiction ripercorre le tappe della sua ascesa al successo, l’amicizia con Federico Fellini e la sua storia d’amore con Andreina Pagnani, in un biopic andato in onda il 24 marzo e disponibile, in streaming, sulla piattaforma RaiPlay, dal titolo Permette? Alberto Sordi. A interpretare Sordi è l’apprezzatissimo Edoardo Pesce (Ruggiero Buffoni in Romanzo Criminale, ma anche Simoncino in Dogman, ruolo che lo ha consacrato come uno dei più promettenti attori del panorama italiano) mentre spiccano sullo schermo , oltre a Francesco Foti, Giorgio Colangeli, Pia Lanciotti e Lillo (del celebre duo Lillo e Greg), diversi volti nuovi, alcuni provenienti dal Centro Sperimentale di Cinematografia, come Alberto Paradossi (che nel film interpreta Fellini).

Alberto Sordi

“Mamma Rai”, in questi anni, ha distribuito sulle sue reti prodotti degni di nota. Si pensi a Il cacciatore, Rocco Schiavone (entrambi nati dagli sforzi produttivi di Cross Productions, ormai nota per la qualità dei suoi progetti), La mafia uccide solo d’estate, ma anche alle serie “rigenerate”, col tempo, dalla stessa Rete, come Il commissario Montalbano, che continua a omologarsi, qualitativamente, al grande panorama seriale contemporaneo, prima di tutto registicamente (l’ultimo episodio, per esempio, è stato affidato a Roan Johnson). Tuttavia, la produzione e distribuzione Rai rimane ancorata a quei format “acchiappa-share” che, anche se realizzati in maniera a dir poco frettolosa (questo biopic ne è l’esempio), riescono sempre a garantire un successo di pubblico.

Portare sul piccolo schermo la vita di Alberto Sordi, o quella di Nino Manfredi (altro trascuratissimo biopic della Rete, dal titolo In arte Nino, con Elio Germano), comporta un richiamo alla visione per un’enorme fetta del pubblico italiano, sottolineando tra l’altro una passione “nazionale” per il genere. Avendo garantito questo facile successo di share, risulta ovvio che non ci sia la possibilità di abbandono di quei progetti così simili tra loro, tendenzialmente scarsi di contenuti se non quelli documentaristici-romanzati e realizzati con una enorme noncuranza, rispetto ai prodotti citati sopra. Non si nota dunque una vera inversione di tendenza nella programmazione e soprattutto nella produzione.

La Rai, dunque, continuerà a proporci prodotti televisivi che avranno grande risonanza all’estero e saranno degni concorrenti delle distribuzioni europee e d’oltreoceano, ma non smetterà di alternarli a film o serie tv di ben altra portata che, mentre ci terranno incollati allo schermo, quasi come per rispetto nei confronti dei personaggi di cui ripercorrono le vite, ci faranno sentire attaccati a livello spettatoriale. Sì, perché ormai, con il diffuso utilizzo delle piattaforme di streaming, tutti noi riusciamo a comprendere la differenza tra prodotti di alta o scarsa qualità. E tutti, addetti o non addetti, esigiamo quella qualità. Sempre e per tutti i prodotti.

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