Ninjababy, la recensione del film su MUBI

Ninjababy recensione film di Yngvild Sve Flikke DassCinemag

Irriverente, giovane e provocatorio: così si presenta Ninjababy (trailer), la commedia della regista norvegese Yngvild Sve Flikke, qui alla sua seconda opera. Presentata alla 71esima edizione del Festival di Berlino e uscito nelle sale italiane lo scorso 13 ottobre, questa originale pellicola è da pochi giorni disponibile su MUBI.

Il film, liberamente tratto dalla graphic novel Fallteknikk, di Inga H. Sætre, vede come protagonista Rakel (Kristine Kujath Thorp), una giovane ventitreenne senza filtri con la passione per il disegno, attività che sogna in futuro di trasformare in un vero e proprio lavoro. La sua vita, però, viene drasticamente cambiata da un evento per lei inaspettato: scopre di essere incinta di sei mesi. Non potendo più abortire, Rakel deve decidere in fretta cosa fare con un figlio in arrivo, cercando, nel frattempo, di difendere la sua vita e le sue ambizioni da giovane donna ancora alla scoperta di sé.

Nonostante la indubbia serietà dei temi trattati, il film può essere considerato una commedia che gioca sul mix di situazioni drammatiche e soluzioni umoristiche, grazie a una brillante sceneggiatura scritta dalla stessa regista insieme a Johan Fasting e Inga H. Sætre.  L’originalità della pellicola sta proprio nel presentare discorsi considerati ancora come tabù dalla società (la vita sessuale femminile, l’aborto, le gravidanze inaspettate o, come in questo caso, mai desiderate) trattandoli con la leggerezza che contraddistingue la giovane età della protagonista, rendendo il film godibile senza mai scadere nella retorica, ma, al contrario, proponendo una lettura alternativa di questi temi. In questo modo l’interiorità della ragazza, i suoi pensieri, le sue paure e i suoi dubbi vengono trasposti attraverso una soluzione originale che unisce lo humor all’animazione: il personaggio fumettistico di Ninjababy, un bambino stilizzato dalla parlantina molto diretta che rappresenta il figlio ancora “nascosto” dentro Rakel e pronto ad uscire al termine dei nove mesi, con il quale intrattiene delle insolite conversazioni.

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La pellicola esprime un punto di vista diverso sulla maternità rispetto alle varianti in cui è stata raccontata fino ad ora; Rakel non vuole un figlio perché troppo giovane ma semplicemente perché non è interessata ad averne. Inizialmente è arrabbiata con il piccolo ninja: è arrivato nella sua vita – o meglio, nel suo utero – all’improvviso, senza che se ne accorgesse e ora, come se non bastasse, non può nemmeno liberarsene. Nei tre mesi di gravidanza che le rimangono i suoi sentimenti cambieranno, accetterà la situazione, e si impegnerà a trovare la soluzione migliore per garantire un futuro al bambino, ma senza di lei. Yngvild Sve Flikke capovolge la visione della gravidanza a favore di uno sguardo diverso, invertendo i ruoli canonici e dimostrando l’esistenza di realtà femminili alternative ancora troppo poco rappresentate sul grande schermo.

L’uso dell’animazione, strettamente collegato alla graphic novel di partenza, è l’elemento caratteristico di questa pellicola, adatto non solo a mantenere un tono più leggero ma anche a raccontare in modo più delicato e accessibile il turbinio di emozioni che si trova ad affrontare la protagonista (emblematica a questo proposito la sequenza che recita «5 cose che Rakel sogna di diventare: astronauta, assaggiatrice di birra, giramondo, guardia forestale, disegnatrice di fumetti», poco prima di ricevere i risultati del test di gravidanza).

Premiato agli European Film Awards come “Miglior commedia” e anche in Italia al Giffoni Film Festival, Ninjababy è un ottimo esempio di come si possano raccontare in modo onesto e meno convenzionale le diverse realtà femminili. La regista, che al suo primo lungometraggio, Women in Oversized Men’s Shirt, aveva già trattato il tema della gravidanza, riesce qui ad esplorare il mancato desiderio di maternità, mettendo in discussione i ruoli di genere e mostrando le pressioni che la società esercita in situazioni simili. Il risultato è una commedia spregiudicata che non teme i discorsi più complessi ma, soprattutto, un racconto brillante e originale dell’esperienza femminile.

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