Lilo & Stitch, la recensione: tra nostalgia e nuove forme

Lilo&stitch recensione del film dasscinemag

Sarebbe impossibile parlare di Lilo & Stitch (trailer) senza considerare il ruolo che il piccolo alieno blu ha assunto al di fuori del film. Stitch non si limita ad essere un personaggio, si spinge oltre, diventa brand, fino ad arrivare ad essere quello che oggi è: una delle figure più riconoscibili dell’universo Disney, il Topolino delle nuove generazioni.

Lilo & Stitch fa il suo ingresso nel mondo dell’animazione nel 2002, in un momento in cui la Disney sembra cercare strade nuove, lontane dal perfezionismo narrativo delle principesse e dei grandi classici. Un film piccolo, laterale, imperfetto, che porta con sé un messaggio forte raccontato attraverso un’inusuale coppia di protagonisti: una bambina hawaiana fuori dagli schemi e un esperimento alieno tenero ma distruttivo. Ventitré anni dopo, il remake in versione live action arriva nelle sale con la sfida di dover aggiornare quello che è divenuto un vero e proprio cult generazionale, ma senza snaturarlo. Il risultato è un film che commuove e diverte, anche se meno forte dell’originale. 

La trama resta in buona sostanza identica a quella del film del 2002: Lilo (Maia Kealoha), bambina ribelle e solitaria, vive assieme alla sorella maggiore Nani (Sydney Agudong), in una casa disordinata ma accogliente, che custodisce i ricordi dei genitori, morti non molto tempo prima. L’arrivo di Stitch, esperimento alieno evaso da un laboratorio intergalattico, mette a dura prova gli equilibri, già molto precari, delle due sorelle. La piccola Lilo trova in Stitch un amico che riflette il suo essere fuori dagli schemi e insieme impareranno cosa significa essere una famiglia.  

Mentre il racconto resta lo stesso, a cambiare è il tono. L’animazione originale si muove con disinvoltura tra slapstick e momenti dalla forte carica emotiva, elementi riconoscibili anche nel live action, che però sembra privilegiare una narrazione coesa e levigata, a discapito degli aspetti surreali. A livello visivo, il film abbandona lo stile acquerellato e stilizzato dell’originale, in favore di una fotografia più realistica. L’isola viene rappresentata senza esotismi da cartolina e con rispetto per il contesto culturale, restituendone un’immagine più vera, ma anche meno sognante. Stitch, realizzato in CGI, è convincente ma meno espressivo, perde qualcosa della sua elasticità, ma resta capace, tuttavia, di mantenere il suo fascino tenero, strambo e caotico. Ciò che resiste è il nucleo emotivo del film. Il rapporto tra Lilo e Nani è ancora al centro, e i momenti di fragilità familiare colpiscono. Il live action sottolinea ancor di più il contesto socioeconomico in cui si muovono le due sorelle: la disoccupazione, l’assistenza sociale, la difficoltà di crescere in una società che offre poco spazio all’irregolarità. In questo senso, il film compie un’operazione interessante: toglie parte dell’estetica cartoon, ma enfatizza i sottotesti che nell’originale passavano quasi in sordina.

lilo e stitch, recensione

Le performance delle attrici funzionano, così come il racconto della dinamica tra le due sorelle, che oscilla tra amore ed esasperazione. Anche i personaggi secondari, come l’assistente sociale Kekoa (Tia Carrere), l’agente della CIA Cobra Bubbles (Courtney B. Vance) o la coppia aliena Jumba (Zach Galifianakis) e Pleakley (Billy Magnussen), ritrovano un loro spazio, rivisitato ma coerente. Anche Stitch, seppur con qualche limite visivo, mantiene la sua funzione narrativa: un elemento disturbante che si trasforma in collante affettivo. L’extraterrestre che distrugge tutto ma impara ad amare è, in fondo, la metafora perfetta di ciò che arriva nella vita senza chiedere permesso e che solo la cura può trasformare in qualcosa di buono. La colonna sonora mantiene alcuni momenti musicali originali, incluso l’uso delle canzoni di Elvis, ma con meno enfasi rispetto al 2002. È una scelta che può deludere i puristi, ma che si inserisce in un tono più delicato e meno caricaturale.

Il film affronta con maggiore chiarezza anche i temi legati alla marginalità sociale, alla perdita e alla costruzione di un’identità familiare alternativa. Se l’originale suggeriva, il remake esplicita. Al di là del confronto diretto, vale la pena chiedersi: perché rifare Lilo & Stitch? È solo l’ennesimo tassello nel piano Disney di trasformare i suoi classici animati in live action, o c’è qualcosa di più? Da un lato, l’operazione sembra rispondere a una logica di mercato: capitalizzare sulla nostalgia di chi era bambino nel 2002. Dall’altro, il film tenta – almeno in parte – di dialogare con il presente, con una maggiore attenzione alla rappresentazione culturale hawaiana, un cast più inclusivo e un tono più realistico. Il rischio, però, è che nel tentativo di “attualizzare” si finisca per smussare troppo. Alcune scelte sembrano pensate per evitare ogni conflitto, ogni stranezza, ogni cosa che possa destabilizzare. E così il film si muove con garbo, ma anche con una certa timidezza, come se avesse paura di disturbare. Il problema è che Lilo & Stitch disturbava eccome, e forse era proprio questo a renderlo indimenticabile.

Come si diceva, è impossibile ignorare ciò che Stitch rappresenta oggi. Non è più solo un personaggio amato, ma un’icona globale della cultura pop. Ha conquistato i social, il merchandising, le capsule di moda, i meme. La sua immagine si è trasformata in simbolo di quel “caos adorabile” in cui tanti si sono riconosciuti. Di questo, il film del 2025 è del tutto consapevole. Il nuovo Lilo & Stitch non è un film rivoluzionario, e non pretende di esserlo; è un remake che non tradisce l’originale, pur semplificandolo in parte. Il film di Dean Fleischer Camp è un adattamento affettuoso, che tenta di risvegliare le emozioni originali con strumenti contemporanei. Per chi cercava l’irriverenza dell’originale, certi compromessi possono risultare deludenti. Ma per chi è disposto a vedere questa versione come un nuovo racconto della stessa storia, c’è molto da apprezzare.

Forse il miglior pregio del film è quello di non cercare di essere più grande, più epico, più spettacolare. Resta piccolo. Come la sua famiglia. Sconclusionato, ma buono. Proprio come Stitch.

In sala.

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