
Il raggiungimento della dimensione agonistica sportiva rappresenta, sotto il filtro di pensieri prettamente superficiali e qualunquisti, il coronamento di una vita di agi. Onori e onori della vita di uno sportivo, della quale non vengono considerate le pressioni fisiche e mentali, oltre ad altre numerose contraddizioni, figlie della bivalenza della fama che dà e toglie. Una retrospettiva, spesso colpevolmente ignorata, è quella sul percorso necessario per raggiungere il professionismo sportivo: un cammino che sacrifica aspetti fondamentali dell’adolescenza e comporta innumerevoli pressioni di ogni tipo, elementi che amplificano il senso di rinuncia e sacrificio di fronte alla possibilità, tutt’altro che remota, del fallimento.
Spesso, insomma, il sistema che accompagna i ragazzi nel passaggio, o meglio nel tentativo di passaggio, al professionismo non è propriamente sano. Se ne fa portavoce il primo lungometraggio del belga Leonardo Van Dijl. Presentato in anteprima alla Semaine della critique a Cannes 2024 e successivamente alla Festa del Cinema di Roma, Julie ha un segreto (trailer) segue le vicende di Julie (Tessa Van den Broeck), promettente tennista a livello nazionale. La quotidianità di Julie, tutta pane e tennis, viene scossa da una terribile notizia: il suicidio della giovane compagna Aline. Per l’accaduto viene indagato e allontanato dal circolo l’allenatore Jeremy (Laurent Caron).
Il rapporto confidenziale tra Jeremy e Julie porta molti a pensare che quest’ultima sia a conoscenza di ulteriori dettagli sulla tristissima vicenda; ha così inizio il silenzioso tormento della protagonista, vero e proprio nucleo narrativo del film, persino più del tennis. La vita di Julie prosegue tra campo e scuola, in un’opprimente monotonia che lei fa propria incassando in silenzio, in nome di un sogno che persegue sin dalla tenera età, sogno per cui sembrerebbe disposta a sacrificare tutto. Ma il suicidio di Aline non può che insinuarle dubbi e tormenti. Le indagini proseguono e si fa strada il terribile e mai esplicitato spettro delle molestie sessuali: il silenzio di Julie si fa man mano più assordante.

Proprio su questi silenzi Van Dijl costruisce la sua opera intelligente e sensibile. L’inquietudine di Julie è resa da una più che convincente prima apparizione sul grande schermo di Tessa Van den Broeck, realmente astro nascente del tennis, e dalla regia morbosa di Van Dijl che la segue incessantemente, catturandone ogni minima espressione senza mai sfociare nel didascalico. Il punto di forza del film risiede proprio in questa capacità di arrivare allo spettatore attraverso l’implicito, di dire molto non dicendo nulla, modellando la narrazione attorno a quell’assordante silenzio di Julie che, alla fine, rende il suono della sua voce ancor più nitido. La straordinaria sensibilità si riflette nell’abilità di Van Dijl di non cadere nella retorica né di banalizzare un argomento talmente delicato da non venire realmente esplicitato ma soltanto lasciato intendere.
Il parallelismo con un altro grande titolo a tema tennistico sembrerebbe tanto ovvio quanto inutile. La verità è che Julie ha un segreto, oltre che ad essere sportivamente molto più credibile di Challengers, ha uno scopo dichiarato ben diverso da quello dell’eccentrica e ridondante opera di Guadagnino. Il suo perseguimento sacrifica però in modo eccessivo la narrazione: la sceneggiatura, praticamente ridotta all’osso, segue in modo quasi documentaristico la vita di Julie, valorizzandone il tormento a discapito di una storia che risulta troppo monotona e, in diversi punti, noiosa per lo spettatore.
La scelta di Van Dijl di dar luce a pressioni e monotonia del mondo sportivo giovanile è quindi croce e delizia della sua opera, mai realmente capace di intrattenere, ma allo stesso tempo abile nel farsi ascoltare. Il primo lungometraggio del regista belga può dirsi dunque parzialmente riuscito, e senz’altro degno di lode per il suo nobile intento di affrontare una tematica così delicata, tenendo a distanza l’incombente spettro di futili moralismi e banalità.
In sala dal 24 aprile.