Ipersonnia, la recensione: il thriller con Stefano Accorsi su Prime Video

Ipersonnia, recensione

Un coraggioso debutto nel lungometraggio quello di Alberto Mascia, che con il suo Ipersonnia (trailer) tenta di introdurre nel panorama cinematografico italiano il genere dello sci-fi, attualmente quasi inesistente. È un esperimento interessante, dalla sceneggiatura innovativa – scritta insieme a Enrico Saccà – che ha vinto il premio Solinas Experimenta.

Nella realtà futuristica di Ipersonnia, i detenuti scontano la pena in un sonno profondo, con un sistema creato per ovviare il problema del sovraffollamento delle carceri. L’ipersonno sembra aver ridotto drasticamente il tasso di recidiva criminale, ma in realtà ha effetti devastanti su coloro i quali sono costretti a scontare la pena. Essi, infatti, sono traumatizzati dai sogni che la loro mente genera durante lo stato di incoscienza e per loro il confine tra sogno e veglia, realtà e allucinazione diventa sempre più labile. Essi vengono svegliati solo periodicamente, per essere sottoposti a un esame sulla loro incolumità, una pratica di cui si occupa lo psicologo David Damiani (Stefano Accorsi), che ne rimarrà profondamente coinvolto. Il caso di un paziente di cui vengono persi i dati relativi alla sua identità, innesca una serie di intrighi che travolgeranno la realtà di David e inevitabilmente anche della sua compagna, Viola (Katsiaryna Shulha).

Quello che accade al protagonista, per il modo in cui è costruita la narrazione che si intreccia costantemente al mondo dei ricordi e dei sogni, con l’inserimento di memorie fittizie, ricorda la struttura dei film di Christopher Nolan, in modo particolare Memento e InceptionÈ questa struttura, il rompicapo sperimentato da Mascia, che rende il film così coinvolgente. 

L’idea è interessante e incisiva e solleva riflessioni quanto mai attuali, parla di un mondo che ha smarrito il proprio senso critico, dove chi prova a opporsi a un sistema che di fatto annienta le menti, viene messo a tacere e reso un colpevole. Una colpa indottrinata nelle menti dei carcerati che non sanno più che cosa è vero e cosa non lo è, cosa è la realtà e cosa invece solo un terribile incubo. Eppure il film non convince del tutto e colpisce solo a metà: affida la narrazione alla sensibilità di noi spettatori, lasciandola infine po’ sospesa nel nulla. 

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