
Quella di Pier Paolo Paganelli non è un’opera fantasy che ostenta. Al contrario, si fa carico di lanciare un messaggio chiaro e puro, ovvero l’importanza di essere sempre se stessi e di non sottovalutare mai il potere dell’immaginazione. Incanto (trailer) è un film del 2025, presentato per la prima volta in occasione del Bif&st 2025 e prodotto da Propaganda Italia e Rai Cinema.
Margot (Mia McGovern Zaini) è una bambina di dieci anni tenuta prigioniera in una villa storica trasformata in orfanotrofio dalla sua tutrice Felicia (Vittoria Puccini), una donna che, pur avendo promesso al padre Ludovico di prendersi cura di lei, è in realtà interessata solo al suo patrimonio. Traumatizzata, Margot smette di parlare, finché un giorno riesce a fuggire e trova rifugio in un circo magico, dove il clown Charlie (Giorgio Panariello) la accoglie. Quando Felicia tenta di riprenderla con la forza, Margot è pronta a difendere la propria libertà.
Sin da subito, Incanto si presenta come un viaggio: non solo attraverso il flashforward iniziale di sette anni, ma anche nel suo sviluppo narrativo e nel significato metaforico. È un’opera corale, in cui ogni personaggio – specialmente Margot – affronta un percorso interiore alla riscoperta del proprio Io.
Ma Incanto è anche e soprattutto un film che si propone di raccontare, in maniera del tutto sincera e senza troppe pretese, il valore della gentilezza e dell’educazione. Paganelli, insieme a Jacopo Del Giudice e Davide Rossetti, è riuscito a trasporre questa fiaba moderna sul grande schermo, mirando a una visione che coinvolga un pubblico universale. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, infatti, questo è un film adatto sia ai più piccoli che agli adulti. Tutti, per motivi diversi, possono identificarsi con la chiusura emotiva della piccola Margot e con la sua successiva riscoperta della felicità attraverso il colorato ed eccentrico circo. O, più in generale, possono riconoscersi nella storia nel suo complesso. Incanto rappresenta un viaggio per i personaggi, ma anche per gli spettatori che – attraverso una visione genuina e non troppo pretenziosa – riescono a ritrovarsi in una personale ricerca interiore.

Particolarmente interessante è proprio la scelta del circo, il “Balloon Circus”, luogo d’eccellenza dell’intrattenimento e delle arti. In questo contesto, però, il circo assume un significato ancora più profondo: non è solo il luogo in cui si pratica un’arte, ma è anche e soprattutto il luogo in cui Margot ritrova la gioia di vivere, liberandosi finalmente dal guscio emotivo nel quale si era chiusa, spesso non per sua volontà. Distaccatasi dall’ambiente cupo e oppressivo della sua cameretta-prigione, Margot scopre la vita, i colori, le parole. E noi, spettatori, lo facciamo insieme a lei. Non è un caso che Paganelli abbia deciso di girare la maggior parte delle scene circensi nei momenti “dietro le quinte”, in cui tutto è fermo. L’unico spettacolo con il pubblico che vediamo è parziale, spezzettato da dissolvenze, quasi a voler ricalcare l’intero senso del film: un continuo scambio tra realtà e immaginazione, tra sogno e veglia, ma anche tra bene e male. L’effetto riesce perfettamente, grazie anche agli effetti speciali curati da Giuseppe Squillaci, coerenti e mai troppo invasivi.
A rafforzare ulteriormente questa atmosfera onirica ci pensano le musiche originali composte da Stefano Ratchev e Mattia Carratello, eleganti, leggere e in sintonia con le immagini. O, ancora, le scenografie di Federico Costantini, capaci di trasmettere un ulteriore senso di magia: i colori sgargianti e saturi del circo si alternano ai toni cupi e spenti di Villa Ludovico, emblema dell’avidità e della perfidia di Felicia. Ma a fare un film, come sappiamo, sono anche – e soprattutto – le performance attoriali. In Incanto troviamo una combinazione equilibrata tra volti noti e nuovi talenti. Da Giorgio Panariello, Stefano Pesce, Vittoria Puccini – quest’ultima per la prima volta nei panni di una credibilissima “cattiva” in stile Disney, come lei stessa ha affermato in un’intervista – fino agli attori più giovani, tra cui Massimo Pio Giunto. Su tutti spicca Mia McGovern Zaini, che dimostra un’abilità sorprendente davanti alla macchina da presa. Quella della piccola Mia è senza dubbio una performance degna di nota, delicata ma potente, in grado di sostenere il cuore emotivo del film.
Incanto, tutto sommato, è un invito silenzioso a riscoprire la forza dell’immaginazione, il valore della gentilezza e la responsabilità dello sguardo adulto nei confronti dell’infanzia. Pier Paolo Paganelli realizza un’opera che non urla, ma sussurra, e proprio per questo lascia un segno profondo. Attraverso il viaggio di Margot, ogni spettatore è chiamato a compiere un proprio percorso interiore, interrogandosi su cosa significhi davvero prendersi cura, ascoltare, accogliere. E se il film sceglie di chiudersi con un lieto fine, non è una concessione al sentimentalismo, ma un gesto necessario. E questo perché in un tempo così incerto, abbiamo bisogno anche di storie che ci restituiscano speranza. Abbiamo bisogno di credere che la luce, ogni tanto, possa davvero avere la meglio sul buio. E Incanto, con semplicità e senza alcuna retorica, ci ricorda esattamente questo.
In sala.