Il talento di Mr. Crocodile, la recensione: un coccodrillo per amico

Il talento di Mr. Crocodile recensione

La storia de Il talento di Mr. Crocodile (trailer) si apre insieme ad un sipario, sul palco dove un mago squinternato cerca senza successo di mostrare i propri numeri per uno spettacolo. Non più sull’onda della gioventù e rincorso dai creditori, Hector P. Valenti (Javier Bardem) è alla disperata ricerca di qualcosa di originale che lo possa portare alla ribalta. Alla disperata ricerca, se vogliamo, di un talento. Quello che trova in un curioso coccodrillo canterino, Lyle, tanto dotato quanto timido, e perciò incapace di esibirsi davanti ad un pubblico. Così, dopo la partenza del suo proprietario, il piccolo coccodrillo si ritrova abbandonato in un sottotetto di New York.

Da questa semplice ma eloquente premessa è facile dedurre il destino di un personaggio incastrato dalla paura di essere se stesso nel suo percorso di crescita. Percorso che condividerà con Josh (Winslow Fegley), un ragazzo trasferitosi con la sua famiglia nella stessa casa in cui vive il coccodrillo (ormai cresciuto). Il quadro dei Primm è quello di una ormai tipica famiglia contemporanea: da una parte il padre (Scoot McNairy), bonaccione ma ancora un po’ infantile, dall’altra la madre (Constance Wu), donna in carriera che detta le regole in casa. In mezzo Josh, stereotipo del ragazzo disorientato e senza amici nella grande città.

Una situazione in cui entra a gamba tesa la presenza di Lyle. Il simpatico coccodrillo sovverte l’ordine della famiglia, conquistando uno dopo l’altro i suoi membri. Ma se nei confronti dei due adulti la sua figura assume paradossalmente i tratti genitoriali, è accanto a Josh che l’animale canterino trova finalmente Bil suo ruolo, quello di fratello o amico che dir si voglia. Grazie alla famiglia Primm Lyle scopre per la prima volta cosa sia l’affetto: l’essere apprezzato per quello che si è, o meglio a prescindere da quello che si è. Una dinamica speculare rispetto alla sua famiglia originale, in quel mago da strapazzo che tornando vorrebbe ancora una volta usare il coccodrillo come chiave del successo. Un personaggio ambiguo, quello impersonato da un Javier Bardem (non esattamente al suo miglior ruolo in carriera), che certamente vuole essere metafora delle ciniche regole dello showbusiness (per quanto tirata e caricaturale). Una figura salvata soltanto dal vero polo negativo della storia, il vicino di casa e gattaro Mr. Grumps (Brett Gelman, l’eccentrico Murray di Stranger Things).

Il talento di Mr. Crocodile riesce in quello che è il suo obiettivo di base: strappare un sorriso. Impossibile non provare una sincera simpatia per il suo buffo protagonista, un coccodrillo in CGI alto un metro e ottanta, ghiotto di caviale e bloccato da una timidezza adolescenziale che sa proprio di fatal flow (chi avrebbe mai detto che anche i coccodrilli ne avessero uno). Il film dei registi Will Speck e Josh Gordon si appiattisce però verso questo minimo comun denominatore, sviluppando una storia che tutto sommato appare alquanto convenzionale. I momenti canori non sembrano poi particolarmente ispirati (Lyle è doppiato al canto da Luigi Strangis), abbastanza in ombra rispetto alle scene più propriamente comiche di Lyle. Insomma un film che forse non conquisterà il pubblico più smaliziato, ma che sicuramente donerà un’amabile visione per i più piccoli. Perché Il talento di Mr. Crocodile non sarà certo una gallina dalle uova d’oro, ma ci si può accontentare di un coccodrillo che d’oro ha l’ugola.

Il talento di Mr. Crocodile è al cinema dal 27 ottobre.

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