Gli Uomini d’Oro, tentativo sul quale continuare a lavorare

Gli Uomini d’Oro, tentativo sul quale continuare a lavorare

Arrivato alla sua seconda regia, Vincenzo Alfieri porta nei cinema Gli Uomini d’Oro (trailer), intelligente operazione commerciale che nella commistione di generi vuole trovare la sua chiave di volta. Nonostante il tentativo di una produzione giovane e scaltra, con attori-vetrina come Edoardo Leo, Fabio De Luigi e Giampaolo Morelli, unita ad un immaginario ed un’estetica estremamente accattivanti, occorre riconoscere la difficoltà del film nel trovare una identità forte, anche se la strada tracciata inizia ad essere quella giusta. Siamo dalle parti di un crime movie che non è quasi mai heist ma piuttosto drama, che prende spunto da un fatto di cronaca vera (ormai va così…) per spogliarsi delle componenti action e concentrarsi quasi esclusivamente sulle quotidiane problematiche dei suoi protagonisti.

E’ la Torino del 1996 e Luigi (Morelli), un impiegato postale prossimo alla “babypensione”, scopre che dovrà continuare a lavorare almeno per un altro ventennio. Svanito il sogno di volare in Costa Rica con Luciano (Giuseppe Ragone), suo migliore amico, i due decidono di rapinare il furgone portavalori che ogni mattina Luigi guida. Nell’organizzazione del colpo finirà anche Alvise (De Luigi), ambiguo collega di Luigi e punto di contatto dei tre con Lupo (Leo), ex pugile dalle poche parole che aiuterà il gruppo ad organizzarsi per la fuga. Alfieri, che oltre della regia si occupa anche di co-sceneggiare la pellicola, decide di dividere il film in tre capitoli, ognuno dei quali incentrato su uno dei protagonisti. Gli Uomini d’Oro è fatto ruotare attorno a questi tre punti di vista, convergenti in più frangenti della narrazione dove il colpo vero e proprio trova (limitato) spazio soprattuto nella prima porzione.

Gli Uomini d’Oro, tentativo sul quale continuare a lavorare

Per il resto, nelle intenzioni degli autori c’è la volontà di farci entrare nella quotidianità di questi criminali improvvisati, farci vivere la confusione e l’insoddisfazione di una vita che per una motivazione o per l’altra li rende alienati da ciò che li circonda. L’idea di fondo è di per sé audace, di relegare la rapina vera e propria, che fila via rapidamente e priva di spettacolarizzazione, a uno spicchio limitato del racconto per poi lasciare spazio ai momenti che racchiudono le ragioni del prima e le complicazioni del poi. La catena di eventi ramificati a mo’ di ragnatela tutto sommato funziona, anche se sembra incepparsi un poco in occasione di alcuni incastri narrativi a tratti spigolosi e in una non del tutto equilibrata distribuzione del minutaggio tra i vari snodi.

Il problema vero riguarda la resa interpretativa dei tre protagonisti chiamati a sobbarcarsi dell’intero peso di una pellicola che non è mai interessata a farsi action. Eccezion fatta per un Morelli bene o male dalle sue parti, De Luigi e Leo sono estratti dalla loro comfort zone per tentare di abbracciare due personaggi lontani dall’immaginario più recente legato a loro. Nel caso di Edoardo Leo, con un Lupo silenzioso, goffo con i suoi chili di muscoli e perennemente irresoluto, ci troviamo davanti al più grande potenziale del film, però messo a fuoco solamente in parte e dalla continua sensazione di venire sfruttato (e interpretato) solamente al 50%. Differente (purtroppo) il discorso per De Luigi, che nella senza dubbio coraggiosa scelta di abbandonare il terreno sicuro della commedia (dove egli stesso ammette di riuscire in modo più naturale), non trova il centro del ruolo a lui assegnato. Alvise è il personaggio portante dell’intero film, il più sfaccettato e quello dalla psicologia più complessa, fulcro ultimo degli eventi con il quale De Luigi non riesce mai ad allinearsi ed entrare in fase, finendo solo per sovraccaricare la sua nuova pelle in maniera a volte grottesca.

E’ evidente che puntando quasi tutto sullo sviluppo legato ai singoli, il film ne esce depotenziato e svilito da interpretazioni non brillanti. La pellicola, tuttavia, rimane un interessante anche se acerbo apripista che sicuramente farà bene al botteghino e può indicare il percorso ad un’elaborazione differente del genere crime sopra il quale qui in Italia occorre continuare a lavorare.

Gli Uomini d’Oro sarà disponibile nelle nostre sale a partire dal 7 novembre.

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