
Era il 1998 quando L’arte della gioia di Goliarda Sapienza venne pubblicato postumo, due anni dopo la sua dipartita. Il libro fu accolto con grande clamore, alimentando la curiosità attorno a un personaggio così stratificato e ricco di contraddizioni. Un emblema di tante battaglie, un veicolo di riflessioni progressiste e, dunque, il più delle volte non ascoltate con la necessaria sensibilità. Con Fuori (trailer), presentato in concorso al Festival di Cannes 2025, Mario Martone si assume quindi l’onere di dirigere un materiale variegato, attingendo alle memorie e alle esperienze della scrittrice siciliana.
Viene svelato fin dalle prime scene l’intento di scavare nelle profondità della protagonista, il desiderio di illuminare e mettere a nudo tutte le sue sfaccettature. La struttura narrativa del film è volutamente priva di uno scheletro e si oscilla, più o meno dolcemente, tra spazi aperti e chiusi, tra un angoscioso presente e un passato che pulsa negli occhi della protagonista, dalle scene che raccontano il periodo passato in carcere di Goliarda alla sua vita da donna apparentemente libera, inseguendo un equilibrio volutamente scricchiolante. Il gioco degli opposti del film insiste sulla relatività della libertà, rifiutando con veemenza ogni visione binaria del mondo: non esistono notte e giorno, giusto e sbagliato, esiste solo quello spazio intermedio in cui tutti noi tentiamo di muoverci.
Appurata l’assenza di un racconto fluido e lineare, spetta ai personaggi tessere i fili della storia e accompagnarci in una Roma degli anni Ottanta che appare alleggerita, svuotata in funzione dell’errare di Goliarda e le sue compagne. La caratterizzazione dei personaggi è l’aspetto che conferisce maggior valore alla pellicola: Goliarda in primis (Valeria Golino) dà perpetuamente l’impressione di un’imminente implosione, sa essere brillante, vulnerabile e criptica allo stesso tempo; risulta di conseguenza molto semplice adottare il suo punto di vista e appassionarci al suo viaggio. Il personaggio di Roberta (Matilda De Angelis) arriva quasi a ricoprire il ruolo di co-protagonista e il suo complesso rapporto con Goliarda è probabilmente l’unica costante del film. Le loro interazioni sono pregne di una carica emotiva ed erotica che crea un legame viscerale e indissolubile. La solitudine, prerogativa di quasi tutti i personaggi mostrati, è il punto di partenza per l’avvicinamento delle due donne e, forse, anche il punto di arrivo.
La loro tridimensionalità è supportata da interpretazioni magistrali: Valeria Golino restituisce tormentosamente ogni crepa della protagonista e spazia tra i registri con sorprendente umanità, catturando anche lo spettatore più scettico. Matilda De Angelis illumina ogni inquadratura in cui è presente, dando corpo a un malessere esuberante che non può lasciare indifferenti. Anche Elodie nei panni di Barbara svolge un lavoro egregio, dando brillantezza a un personaggio funzionale a tratteggiare i confini di Goliarda e Roberta.

Bisogna inoltre riconoscere a Fuori il pregio di saper raccontare una molteplicità di temi senza cadere nell’ideologia e in una vacua presa di posizione. Dalla disoccupazione alla tossicodipendenza, tutto si espleta nelle ferite dei protagonisti, contribuendo a dar loro spessore. La riflessione sul carcere, tuttavia, non è in grado di fare breccia fino in fondo, sia per un assenza di realismo e crudezza forse necessari, sia per lo scarno minutaggio che gli viene attribuito. Di prigione si parla e si dibatte lungamente, si evince la sua centralità ma i discorsi che la riguardano sono privi di mordente e poco convincenti, con l’impressione che sia solo una delle tante tappe di vita dei personaggi.
Martone confeziona la storia con una regia chiara ma anti-tradizionale in cui i movimenti della macchina da presa e le numerose citazioni a Godard non distolgono l’attenzione dalla vita interiore di Goliarda ma ne sottolineano l’ondivago percorso. Stacchi di montaggio, sguardi in camera e dialoghi in apparenza sconnessi ci immergono nelle difficoltà e nelle confusioni collettive.
Se è vero che il film vive di interazioni e momenti intimi che non sono subordinati a un intreccio solido, è tuttavia riscontrabile un allungamento dell’atto finale che lascia lo spettatore in uno scomodo stato di sospensione. Una volta che l’intensità e preziosità del rapporto tra le protagoniste sono giustamente riconosciute, ci si chiede in quale lido gli autori vogliano portarci, e l’accelerata finale del film, non sorprendendo particolarmente, risulta abbastanza fiacca.
Complessivamente, Fuori di Mario Martone propone uno spaccato sulla vita di Goliarda Sapienza appassionante e coinvolgente, trainato da interpretazioni di altissimo livello. Tuttavia, il disordine narrativo e un’incertezza tematica complicano un assimilazione fluida da parte dello spettatore.
In sala.