Fate: The Winx Saga, la recensione della serie su Netflix

Fate: The Winx Saga, la recensione della serie su Netflix

Gli anni 2000 hanno portato un grande ventaglio di novità nell’ambito della categoria di serie d’animazione – basti pensare a Fantaghirò, Magica Doremì, Rossana – il cui focus erano  giovani “ragazze” che affrontavano i “problemi” della  vita, fra amore ed amicizia. Nel 2004, a dare una storia ancor più movimentata ed allettante, arriva Iginio Straffi, che lancia su Rai2 – in produzione con Rainbow – la serie animata Winx Club. Le vicende ruotano attorno all’euforica vita di cinque fate (poi sei) che studiano in una scuola di magia nella dimensione di Magix. Qualunque bambina nata a cavallo degli anni 90’ e 2000 si è legata – chi più chi meno – a queste avventurose e singolari protagoniste, sognando un giorno di poter varcare i cancelli del college di Alfea.

Il successo delle Winx convince Brian Young – già noto per essere stato scrittore e story editor di The Vampire Diaries –  a decidere di trasporre il cartone animato in un live-action. La serie italo-britannica, è prodotta da Archery Pictures e il 22 gennaio sbarca su Netflix con il titolo Fate: The Winx Saga (trailer).

Bloom (Abigail Cowen), sedicenne un po’ borderline alle prese con i problemi adolescenziali, scopre di avere poteri magici dopo aver incendiato la casa dei genitori a Gardenia, in un momento di rabbia. Approdata nell’Oltre Mondo – la dimensione di tutti i regni magici –  per poter controllare il suo potere nel college di Alfea, capisce che non è solo la magia l’unico elemento che la caratterizza, ma che ci sono altre verità celate sul suo conto che sono pronte a cambiarle la vita per sempre. Il percorso compiuto alla ricerca del suo passato è supportato da altre quattro fate: Stella (Hannah van der Westhuysen), Musa (Elisha Applebaum), Aisha (Precious Mustapha) e Terra (Eliot Salt).

Non solo loro aiuteranno Bloom nella sua impresa, ma anche Sky (Danny Griffin) soldato del team degli Specialisti, con cui instaura un’amicizia che ben presto si tramuta in amore. Mentre è alla ricerca forsennata di domande a cui cerca di dare una risposta, Bloom, come il resto di Alfea, deve fare i conti con i Bruciati, mostri delle tenebre che danno la caccia principalmente a lei e che portano scompiglio e terrore in tutto l’Oltre Mondo.

A primo impatto, per chi ha seguito con attenzione il cartone animato, salta all’occhio la mancanza di qualche personaggio lasciato purtroppo indietro. Una pecca non da poco, considerando che Terra sarebbe la Flora mancante e che, a quel punto, avrebbe potuto prenderne il nome. Chi è rimasto affezionato alla serie Winx Club, storce il naso quando si rende conto che sono stati messi da parte caratteri che avevano un ruolo cruciale, per dar spazio a “esordienti”. Questo sacrificio potrebbe essere stato una sorta di stratagemma per inserire personaggi che rispettassero il famoso tema del politically correct. Infatti una delle new entry è proprio Dane (Theo Graham), ragazzo Specialista di colore e gay latente. Il suo ruolo diventa quasi principale per spazio dedicatogli, ma risulta pressocché sterile per la trama.

In Fate: The Winx Saga, si decide di indirizzare il live-action verso un’atmosfera più horror e a volte cupa. Il mondo magico che si è conosciuto, viene ora modellato in base al target a cui lo si vuole indirizzare, che non comprende più i bambini. Questa scelta rende la trama molto più accattivante e stimola a guardarne l’evoluzione degli evounti. Un’altra scelta – forse meno ponderata – è stata quella di modernizzare l’Oltre Mondo attraverso la presenza dell’uso dei social network (tutti usano Instagram) per renderlo il più attuale possibile e far familiarizzare lo spettatore teenager con personaggi e dinamiche. In questo modo si è andata però a contaminare la dimensione magica, particolarmente allettante proprio perché diversa dal quella umana e priva di frivolezze e distrazioni.

La diegesi si articola poi in una serie di intrecci e trame che, per la maggior parte degli episodi, condanna gli eventi ad avere un ritmo molto lento. Il raggiungimento del climax avviene in maniera quasi tirata, in sequenze veloci e sbrigative. Pochi sono anche gli effetti speciali, il cui povero uso lascia un po’ con l’amaro in bocca. Ciò che invece sorprende è il finale, dove finalmente si ha un colpo di scena inaspettato e si vede uno stravolgimento della trama degno di nota.

Ma, come in ogni serie TV che si rispetti, anche in Fate: The Winx Saga non possono mancare alcune tematiche della società contemporanea che coinvolgono i giovani. La fisionomia di Terra non è un caso: lei è la tipica ragazza in sovrappeso che cerca di apparire felice e cordiale con tutti per farsi accettare e che, nonostante i suoi sforzi, viene derisa. Si punta al concetto di discriminazione, su cui da sempre c’è un riflettore acceso nel tentativo di porne una fine o un rimedio.

Anche Stella, erede di Solaria, non ascoltata dalla madre ma con il compito di soddisfare tutte le aspettative che ha su di lei. La ragazza esteticamente bella, ma profondamente triste e delusa, dimostrazione che l’apparenza come sempre inganna. E’ uno dei caratteri più belli che questo live-action abbia creato, che sembra snaturare la Stella originale, favorendo però la costruzione di uno dei personaggi più maturi e forti con una grande prospettiva di crescita.

Il personaggio con cui si riesce meno a trovare una connessione di empatia è Bloom, che dà l’impressione di essere la reincarnazione di Bella Swan (Twilight). Non intriga a tal punto da connettersi con lei ed è un peccato, essendo la protagonista indiscussa. Il legame con Sky, tra l’altro, non trasmette le giuste emozioni e si potrebbe azzardare che i personaggi originali ne suscitino di più.

Se però le famose Winx hanno tenuto compagnia nei momenti più belli dell’infanzia, è giusto dare al suo live-action una possibilità. In fondo chi ha mai smesso di sperare di svegliarsi ad Alfea, nel meraviglioso mondo di Magix?

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