#DavidDiDonatello70: Il resoconto di una serata tutta al femminile

david di donatello

Gli studi di Cinecittà, nella serata del 7 maggio, in diretta su RAI1, hanno ospitato la 70ª edizione dei David di Donatello, con una conduzione che ha tirato sicuramente avanti la serata, ma arrancando.

Fondati nel 1956 da Italo Gemini, che fu anche presidente dell’AGIS, Gino Satis, presidente del circolo Comitato per l’arte e la cultura, e Lidio Bozzini, presidente del Club Internazionale del Cinema. Organizzati sin dalla loro prima edizione dall’Accademia del Cinema Italiano, i David di Donatello nascono come la più importante manifestazione per premiare le produzioni cinematografiche italiane e straniere. Dal 2018 la presidentessa in carica è la giornalista, saggista e critica cinematografica Piera Detassis, che solitamente conferisce i premi al Miglior Produttore e Miglior Film durante la serata. 

Inizialmente la premiazione si teneva al teatro Fiamma di Roma; dalla seconda edizione in poi al teatro Greco – Romano di Taormina per poi spostarsi allo Studio 5 di Cinecittà, dove tra momenti di tensione e piccole gag che – oseremmo dire – non strappavano chissà quale risata, Elena Sofia Ricci e Mika hanno dimostrato di non essere proprio “una coppia che scoppia”. Ad appesantire il tutto, un pubblico poco affiatato, avvolto da un alone di rigidezza che ha reso la visione poco piacevole. Abbiamo dovuto rinunciare a Carlo Conti – e la sua conduzione sprint – visto che quest’anno il conduttore toscano si è dedicato alla settimana sanremese che gli ha impedito di preparare la serata dei David con l’attenzione e la professionalità che meritano. Un po’ si è sentita la mancanza dell’incitamento ad andare avanti con la Prossima Categoria a fronte delle quattro ore di diretta – chapeau – di quest’anno.

Ieri maratoneti, oggi camminatori, con qualche inciampo, ma i David ci piacciono così, anche a costo di rimanere un attimo confusi – non si sa se per quel che si vede o si sente o per le funzioni vitali che via via vanno cercando riposo. È proprio con il tema del sogno – un indizio già dai primi momenti? – che si apre la serata: «Il cinema è una luce che non si spegne mai. La luce del sogno». Con queste parole Mika ci aspetta fuori dallo Studio 5 di Cinecittà, dove ad accoglierci troviamo proiettati sulle mura dello studio le immagini dei film che hanno segnato la storia del cinema italiano.

Iniziano subito le sorprese, a cominciare da Mara Venier, per assistere alla premiazione di Ferzan Özpetek che vince il David dello Spettatore, per le presenze in sala conseguite da Diamanti.

A contendersi un pari merito, con tre premi, ciascuno sono Gloria! opera prima di Margherita Vicario e Le Déluge – Gli ultimi giorni di Maria Antonietta scritto e diretto da Gianluca Jodice che porta a casa i premi come Miglior Costumi per Massimo Cantini Parini, Miglior Trucco per Alessandra Vita e Valentina Visintin e Miglior Acconciatura per Aldo Signoretti e Domingo Santoro e Miglior Scenografia a Tonino Zera.

gloria, david di donatello

Non mancano momenti di premiazioni speciali come il Cinecittà David 70 conferito a Giuseppe Tornatore che lo dedica a «tutti i registi che in questo momento stanno lavorando al loro primo film: resistete e resistite!»; l’omaggio di Mika e Santamaria ad Eleonora Giorgi i quali le dedicano in un duetto la canzone di Lucio Dalla Futura; il David alla Carriera conferito a Pupi Avati – che dà il via ad un piccolo momento di confronto tra personalità artistiche ed istituzioni, dove le prime hanno bisogno di «qualcosa in più» riferendosi all’iniziativa Cinema Revolution – dal 13/6 al 20/9 i biglietti dei film italiani ed europei saranno acquistabili al costo di 3 euro e 50 – ribadendo l’enorme momento di difficoltà che vede protagoniste soprattutto le case di produzione indipendenti. infine, un David Speciale a Ornella Muti, purtroppo non presente in sala. Talentuoso, un nomade del cinema capace di passare dal cinema americano a quello europeo come un camaleonte, trilingue, smicrofonato, l’ospite internazionale è Timothée Chalamet, riceve il premio come Miglior Attore Internazionale. Il premio David Giovani va ai giovanissimi attori di Napoli – New York di Salvatores.  Con la sua kefiah arancione, verde e gialla – che toglie per ritirare il premio –  Elio Germano vince come Miglior Attore Protagonista per Berlinguer – La grande ambizione di Andrea Segre. Mentre Miglior Attore Non Protagonista viene vinto da Francesco Di Leva per Familia, diretto da Francesco Costabile.

Ma questa settantesima edizione, ha portato con sé anche piccole soddisfazioni, quali la nuova categoria Miglior Casting (premio assegnato a Maurilio Mangano e Stefania Rodà per Vermiglio), sicuramente importante affinché anche figure più marginali – ma non per questo meno importanti – ricevano la visibilità che meritano.

Parlando di visibilità, un altro aspetto sicuramente positivo della serata è stato il ruolo centrale delle donne. L’evento ha infatti assunto una dimensione sempre più al femminile, configurandosi come un’affermazione di talento, determinazione e presenza. In questa settantesima edizione, le protagoniste femminili hanno confermato di essere all’altezza di qualsiasi sfida. Margherita Vicario, ad esempio, ha conquistato il premio per il Miglior Esordio alla Regia – conferitole da Mario Martone che nel 1993 lo vinse anch’egli per Morte di un matematico napoletano – oltre a quelli per la Miglior Canzone originale e Miglior Compositore, grazie al suo film Gloria! (una brillante opera prima che merita di essere vista). E ancora, Maura Delpero, prima donna nella storia a ottenere il premio come Miglior Regia per Vermiglio, ma anche quello per Miglior Sceneggiatura originale. Nel suo discorso di ringraziamento, la regista ha condiviso alcuni aneddoti personali, sottolineando l’importanza del «cinema del reale», spesso capace di «aprire le porte della periferia del sistema». Ha ribadito come questo genere non debba essere considerato un «cinema minore», evidenziando che, senza di esso, lei – come molti altri registi – non sarebbe riuscita ad accedere a un mondo spesso inaccessibile come quello dell’industria cinematografica. Proprio nel 2004, per la prima volta nella storia dei David di Donatello, è stata istituita una categoria dedicata al documentario: il Premio Cecilia Mangini per il Miglior Film documentario, assegnato quest’anno a Francesca Mannocchi per Lirica Ucraina.

l'arte della gioia recensione

Proseguendo il discorso “al femminile”, colpisce – ma non sorprende del tutto – il successo de L’arte della gioia, miniserie televisiva Sky Original diretta da Valeria Golino e Nicolangelo Gelormini. Un’opera a episodi che, grazie all’intervento di Vision Distribution, è riuscita ad approdare nelle sale cinematografiche italiane in due parti, ed è stata candidata – tra le altre novità di questa edizione – nella categoria Miglior Film.
A conquistare i premi per questa produzione sono state due interpreti d’eccezione: la giovane e talentuosa Tecla Insolia, Miglior Attrice protagonista per il ruolo di Modesta Spataro, e l’enigmatica Valeria Bruni Tedeschi, Miglior Attrice non protagonista per l’interpretazione della principessa Gaia Brandiforti. Con la consueta autoironia e spontaneità che la contraddistinguono, Bruni Tedeschi ha ringraziato Golino durante il suo discorso: «Questo premio mi è stato dato per il coraggio di interpretare un ruolo più vecchio della mia età reale. Ho chiesto a Valeria di poter fare dei provini, perché per un’attrice accettare un simile ruolo è una sfida».

Novità e inciampi a parte, il film che ha sbancato e conquistato questi David di Donatello è, appunto, Vermiglio, presentato come Miglior film internazionale ai Premi Oscar 2025. Con ben 7 premi, il film di Maura Delpero si porta a casa tante soddisfazioni, tra cui i tre sopracitati, ma anche quello per Miglior Autore della Fotografia; Miglior Suono; Miglior Produttore; Miglior Sceneggiatura originale – per il quale la regista ringrazia chi gli è stato vicino nella «solitudine della scrittura» quando cercava di dare al film una sua «grammatica interna»; e quello di Miglior Film, battendo titoli nella categoria quali Parthenope di Paolo Sorrentino (non presente all’evento e che non ha ricevuto alcun riconoscimento), Berlinguer – La grande ambizione, Il tempo che ci vuole di Francesca Comencini e L’arte della gioia.

Di Yvonne Mascioli e Gabriele Stefani.

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