Daredevil: Rinascita, la recensione della serie su Disney Plus

Daredevil: Rinascita recensione della serie su Disney Plus

La storia produttiva di Daredevil potrebbe già di per sé essere una serie televisiva. Nel 2015, quando il genere supereroistico non aveva ancora saturato il palinsesto e aveva ancora molto da dire, la prima stagione sul diavolo di Hell’s Kitchen approdò su Netflix. L’accoglienza fu calorosa, sia per il ritorno sullo schermo di Matt Murdock, che non si vedeva dagli infelici tempi di Ben Affleck, sia per l’elevatissima qualità esibita dalla serie. Dalla stupefacente stratificazione dei personaggi al realismo metropolitano crudo, finalmente il pubblico Marvel aveva un supereroe “adulto”, in grado di incoraggiare riflessioni sul bene e sul male, su ciò che concepiamo giusto e sbagliato.

Dieci anni più tardi, dopo tre stagioni di altissimo livello, cancellazioni, acquisizioni di diritti e lungaggini burocratiche, ecco che il personaggio di Daredevil fa ritorno sul piccolo schermo, che stavolta sarà quello di Disney Plus. Per lo spettatore, sapere che la serie è stata riscritta in corsa per canonizzarla come una sorta di quarta stagione/reboot non dovrebbe fare alcuna differenza; si gioca con le carte che si hanno in mano e quelle che la serie distribuisce non convincono del tutto.

È bene sottolineare come, negli ultimi quattro anni, i Marvel Studios abbiano realizzato un’enorme quantità di serie tv e, fatta forse eccezione per WandaVision, nessuna di queste sia riuscita a lasciare davvero il segno. Per cui, se inseriamo Daredevil: Rinascita (trailer) nello stesso campo semantico delle precedenti, ci troviamo di fronte a un prodotto consapevole e maturo. Tuttavia, qualora lo si mettesse a confronto con le prime tre stagioni, ne uscirebbe più malconcio di Frank Castle nell’ultimo episodio.

La problematica più ingombrante, probabilmente, risiede nella mancanza di equilibrio. Il ritmo della stagione risulta fortemente sbilanciato: compassato nei primi episodi e forsennato negli ultimi. Questo compromette la possibilità di assimilare dinamiche ed eventi che, già di per sé, richiedono un’intensa sospensione dell’incredulità. Si può apprezzare il tentativo di collegarsi alle stagioni precedenti, ma farlo senza considerare i pilastri narrativi su cui esse si fondano è una scelta decisamente poco saggia.

Fortunatamente, ciò che viene restituito con giustizia sono i due personaggi principali. Matt Murdock (Charlie Cox) e Wilson Fisk (Vincent D’onofrio) ritornano in grande stile, con il loro carisma e le loro lotte interiori, trasposte con grande efficacia. Si osserva con piacere il riemergere della vera natura dei due, repressa per sopravvivenza, ma incancellabile. Matt sarà sempre Daredevil e Fisk sarà sempre Kingpin, la loro personale elaborazione del trauma non sarà mai un semplice travestimento. Il loro ingresso nel campo visivo è spesso preannunciato dalle luci e dai colori, che diventano parte integrante dei protagonisti e simbolo della loro natura.

Sul versante dei personaggi troviamo altre piacevoli sorprese: dal ritorno di Karen (Deborah Ann-Wall) a quello del Punitore (John Bernthal), passando per i volti nuovi di Heather (Margarita Levieva), Daniel (Michael Gandolfini) e l’ex poliziotto Cherry (Clark Johnson). Le interazioni tra di essi sono un punto cardine della storia e ogni personaggio secondario è delineato con cura; spicca in particolar modo il White Tiger del compianto Kamar de los Reyes. L’impianto legal thriller dei primi episodi, inoltre, permette una verticalità narrativa capace di approfondirli e introdurli settimana dopo settimana.

Purtroppo, è la direzione ultima della serie che risulta poco chiara. Gli episodi sembrano procedere a zig-zag, alternando picchi molto alti a momenti deludenti; ma è l’ultima portata a mancare sul tavolo. Più che a una risoluzione conclusiva assistiamo a un nuovo rimescolamento delle carte, a uno schieramento che può anche ingolosire, ma che – viste le premesse della serie – non riesce a soddisfare pienamente. Nell’ultimo episodio, peraltro preceduto da un superbo colpo di scena, sembra quasi che le redini della serie vengano abbandonate, favorendo un’anarchia narrativa che confonde lo spettatore.

Registicamente siamo davanti a un cortocircuito: fino a quando i personaggi non indossano i costumi da supereroi, il lavoro svolto è ottimo, e sembra voler proiettare la serie in una categoria superiore. Le note dolenti riguardano le scene d’azione, compromesse da un utilizzo maldestro della CGI e da coreografie inverosimili. Anche la rappresentazione della violenza lascia perplessi: più che una ricerca di realismo, appare come un’esibizione di coraggio da parte della produzione, intenzionata a inseguire i toni delle stagioni precedenti.

Nel complesso, il ritorno sullo schermo di Daredevil e Kingpin presenta molte opportunità non sfruttate. Tuttavia, al netto di errori grossolani e cadute di stile, Daredevil: Rinascita intrattiene e in alcuni frangenti è in grado di emozionare. Rimane quindi una discreta curiosità per il futuro; con la speranza che, aggiustando il tiro, i Marvel Studios ci possano regalare un prodotto ancora più entusiasmante. 

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