Dopo la calorosa accoglienza del Festival di Cannes approda alla Festa del Cinema di Roma Bird (trailer), l’ultimo film della regista inglese Andrea Arnold. Non può che accattivare, all’interno della selezione della festa, un cast promettente come quello di Bird, che con soli due nomi di grande spessore nel panorama attoriale europeo, l’irlandese Barry Keoghan e il tedesco Franz Rogowski si fa foriero di aspettative altissime, almeno sul piano della performance. Tuttavia neanche il nome della regista è una novità, non lo è per la pletora di cinefili che la segue dai suoi primi successi a Cannes (Red Road, Fish Tank e American Honey) né per Roma, che la vide sempre nella sezione Alice nella città alla sedicesima edizione della Festa con il documentario Cow.
Bailey (Nykiya Adams) è una giovanissima ragazza nel bel mezzo di una crisi adolescenziale, aggravata dall’assenza quasi totale dei genitori e dalla loro brutalità nel rapporto minimo che hanno con lei. Intrappolata in un corpo che vive una doppia lotta contro l’inevitabile metamorfosi della pubertà e la violenza di chi come la madre lo ritiene brutto, Bailey lo abita con molta difficoltà, si potrebbe dire con gli stessi movimenti di un uccello in gabbia. Chi invece in quella stessa gabbia si trova completamente a suo agio è Bird (Franz Rogowski), sconosciuto senza età e apparentemente senza radici che rapisce senza rimedio Bailey con il suo sorriso e il suo aspetto stravagante.
Bailey può per un attimo dimenticare i mille problemi che colorano la sua vita per dare spazio a un mondo nuovo, quello di Bird, che vaga alla ricerca della sua famiglia e dimostra una sensibilità a cui la ragazza non è più abituata. L’uomo diventa non solo il simbolo di una bellezza che Bailey credeva perduta per sempre, ma anche lo sguardo maschile che ratificherà la sua di bellezza e soprattutto la sua identità di donna, prima del tutto oscurata. L’istintivo desiderio di Bailey è quello di ricreare con Bird quello che non è riuscita ad avere con il padre (Barry Keoghan) e con la madre (Jasmine Jobson) ma l’uomo ha nella sua storia una funzione meramente catartica e passeggera che in un certo senso lo “condanna” ad essere in continuo movimento e obbliga Bailey a prendere in mano la sua vita.
La metamorfosi animale a cui è soggetto Bird, che, come anticipano già il suo nome e le strane posizioni che assume quando veglia su Bailey dall’alto degli edifici, prende le sembianze di un uccello dalle lunghe piume scure e gli occhi giallo fosforescente, non è altro che il simbolo della trasformazione temuta dalla protagonista ma purtroppo per lei inevitabile, quella da bambina a donna. Non a caso è proprio nel momento in cui Bailey lascia che questa avvenga, con la partecipazione al matrimonio del padre e l’abbraccio finale con Bird, che sulla ragazza si manifestano anche i primi segni della metamorfosi, lasciando quasi immaginare allo spettatore un secondo capitolo della storia.
Così Bird si configura inaspettatamente come il più classico dei coming of age, fatta eccezione per la componente “fantasy” della metamorfosi di Bird. Tuttavia ancora più inaspettata è la padronanza della scena da parte della giovanissima Nykiya Adams nei panni di Bailey, che considerato il livello del resto del cast vi si adegua perfettamente, creando con Franz Rogowski una coppia potentissima sul piano visivo e su quello narrativo.
La scelta della camera a mano rende tutta la narrazione più annacquata e introspettiva, come se ci trovassimo nella personalissima versione che Bailey ha del mondo che la circonda e vedessimo con i suoi occhi. Ad accrescere questa sensazione sono anche le riprese che la ragazza fa con il suo telefono e che proietta e riguarda nell’intimità della sua stanza, unico spazio di libertà e creatività che si può concedere quando riesce a sfuggire all’oppressione del padre. Bailey riprende non solo ciò che le piace del mondo – spesso si tratta di animali, uniche creature con cui riesce ad andare d’accordo – , ma anche ciò che ritiene minaccioso, come metodo di difesa: in un primo momento riprenderà anche Bird ma ben presto quella registrazione assumerà tutt’altro valore.
Andrea Arnold non delude, la storia di Bailey rimane come una cicatrice sottile sulla pelle degli spettatori insieme agli occhi infuocati dei due protagonisti. Fin dai suoi primi film la regista sembra essere attratta dal mondo animale, raccontato anche in forma documentaristica, e dallo stretto rapporto che c’è tra l’uomo e l’animale, arrivando con Bird a fonderli in un unico corpo. Che ci sia spazio per un altro capitolo sullo stesso tema?