Anna, la recensione dell’ultimo spy movie di Luc Besson

Anna di Luc Besson

Luc Besson cita se stesso in cerca di un nuovo modello di eroina femminile ma l’operazione, riuscita per Milla Jovovich ed Anne Parrilaud, ma questa volta con Anna (trailer) fallisce rivelandosi una pallida rielaborazione del suo Nikita senza charme e novità. Dopo l’onda asiatica di Hong Kong i primi modelli delle nuove eroine sono stati proprio europei e Luc Besson si è mostrato fin dagli anni ’90 fortemente sensibile a questa declinazione del cinema di genere. La sua Nikita ha aperto il mercato americano tanto a lui quanto alla sua protagonista Anne Parillaud con un prodotto nuovo, frizzante, veloce ed iconico, solo pochi anni dopo il suo modello era già frutto di imitazioni e remake. Dal film Nikita sono nati il film americano Nome in codice Nina e ben due generazioni distinte di serie televisive che hanno esplorato il personaggio di Besson in diverse direzioni. Lo stesso film francese ha poi ispirato J.J. Abrams per Alias e Quentin Tarantino per Kill Bill.

Oggi però proprio l’ispiratore di questa onda sembra ridotto a fanalino di coda con un film scontato, dai dialoghi così già masticati da essere prevedibili ed un trattamento della figura centrale femminile banale e fragile. Il personaggio sembra dover fare ricorso alle qualità fisiche della protagonista per colmare il vuoto di scrittura e la debolezza di credibilità della personaggio. Guardando Nikita si riconoscevano legami altissimi che Besson stesso dichiarava attraverso espliciti riferimenti di scrittura alla figura di Kaji Meiko di Lady Snowblood. Oppure la presenza magnetica di Jeanne Moreau che collegava extradiegeticamente il film di Besson al capolavoro di Francois Truffaut La sposa in nero.

Anna di Luc Besson

Anna sembra invece riuscire solo ad essere simile a Nikita, con più mezzi ma meno idee ed una struttura indecisa e scontata che poteva essere perfino comprensibile per un seguito/reunion del film del 1990, ma come prodotto autonomo di un regista di questo calibro sembra solo girato controvoglia. Il film è scritto, diretto e prodotto da Luc Besson e da questo punto di vista non si può, nemmeno per affetto verso opere passate, non puntare il dito di tutte le responsabilità sul regista. L’opera è circolata in Europa nell’estate del 2019 deludendo un pò tutti e ritrovandosi a confronto con un cinema americano che dall’ascesa dei supereroi in poi è diventato fortemente difficile da contrastare al botteghino.

Il risultato incerto nei Paesi che accolsero il film ha spinto l’Italia a tentennare nella distribuzione ed eccolo ora a due anni di distanza direttamente su Amazon Prime Video in cerca di un pubblico meno severo e più superficiale. Besson lanciò sempre grazie ai suoi personaggi femminili Natalie Portman in Leon e la Jovovich con il film Il quinto elemento, ma con il film Anna il miracolo non si ripete e la fotomodella russa Saša Luss non regge il confronto con le dive che l’hanno preceduta rimanendo tanto bella quanto anonima con un personaggio pieno di lacune e superficialità.

Il film non regge l’evoluzione dei personaggi femminili della nuova onda americana e costruisce una figura che non sa giocare con classe con l’oggettificazione sessuale, rivelandola a tratti perfino volgare e troppo esplicita. Siamo lontani dai tempi d’oro di Besson che dettava la linea al mercato americano e questo film soffre perfino di una sottile misoginia che spinge indietro l’opera di almeno vent’anni. Il film delude lo spettatore sofisticato che conosce Besson ed il genere, ma anche lo spettatore con meno pretese abituato a prodotti del genere più innovativi e raffinati che non riesce a trovarsi con un film destinato ad un consumo distratto e ordinario.

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