Andor: la recensione della seconda stagione su Disney+

Andor seconda stagione Cassian Andor

“Le ribellioni si fondano sulla speranza”. Questa famosa frase ripetuta spesso nel corso della saga di Star Wars trova finalmente la sua origine nella seconda e ultima stagione di Andor (trailer), ambizioso progetto di Tony Gilroy in due stagioni, le quali vedono come protagonista il (non ancora) Capitano Cassian Andor (Diego Luna), precedentemente apparso, e scomparso, in Rogue One: A Star Wars Story. La sfida principale della serie era infatti quella di sviluppare un personaggio di cui il triste destino era già noto, ma come è stato evidente dalla prima stagione (qui la recensione), la serie fa molto più di questo. Al fianco del protagonista ci sono infatti numerosi personaggi che crescono parallelamente a lui e comprendono sia gli altri ribelli, sia gli spietati ufficiali imperiali, sia soprattutto i civili indifesi della galassia lontana lontana.

La seconda stagione si apre quindi un anno dopo il termine della prima, e prosegue secondo questo schema: ogni tre episodi, avviene un salto temporale di un anno. Di conseguenza l’obiettivo è arrivare proprio alla vigilia della Battaglia di Yavin, evento che corrisponde al primo film della saga. Nonostante quindi gli eventi siano cronologicamente spalmati in 4 anni, tutto risulta coerente ed interconnesso. Il percorso di Cassian avanza sempre di più e con esso crescono i sacrifici che i membri della ribellione sono costretti a compiere. Nonostante questo, anche i loro numeri crescono sempre di più. Non a caso la serie si apre con un discorso del protagonista ad una nuova recluta, la quale deve aiutarlo a rubare un nuovo modello di astronave imperiale. I numerosi sviluppi presi poi dagli eventi portano lo spettatore su vari pianeti, più o meno accoglienti, in cui assisterà alla spietatezza dell’impero impegnato a cercare di estrarre energia per un piano segreto.

Il modo in cui viene esplorato il fronte imperiale è forse uno dei punti di forza più grandi della serie: gli imperiali non sono solo soldatini anonimi con dei caschi, ma sono uomini e donne in divisa, quasi impiegati d’ufficio, i quali quotidianamente decidono delle sorti di miliardi di persone. Gli esempi principali sono Dedra Meero (Denise Gough) e Syril Karn (Kyle Soller), lei fredda e spigolosa gerarca, lui impiegato impacciato: naturalmente la coppia perfetta. La loro relazione in questa stagione brilla più che mai, grazie soprattutto a delle performance stellari, e aiuta a delineare due personalità precedentemente fisse, che l’uno grazie all’altra riescono a mostrare le proprie forze e le proprie debolezze. Gli altri numerosi ufficiali si fanno invece autori di azioni aberranti che non si sono mai viste in un prodotto targato Star Wars. In questa stagione, persino gli stormtrooper hanno una buona mira.

In particolare ne è vittima Bix (Adria Arjona), uno dei personaggi più apprezzati già dalla precedente stagione, nonché il simbolo della perseveranza di tutta la galassia messa a terra dall’impero, ma pronta a rialzarsi. Il team della serie non ha paura di esplorare i traumi di cui soffre, le violenze che subisce, ed il modo tossico in cui affronta i suoi incubi. In più il rapporto sentimentale che la lega a Cassian è un altro punto focale ben riuscito di questa stagione, ed è eseguito con toni quasi rituali. Infatti in Andor la dimensione del rito e del folklore non manca mai, come nell’arco narrativo che rappresenta un matrimonio combinato tradizionale. Si tratta della figlia della senatrice ribelle Mon Mothma (Genevieve O’Reilly).

Quest’ultima è probabilmente il personaggio più reale e meglio riuscito dell’intera serie, dato che non solo vediamo il suo lato familiare, che la vede affiancata ad uno squallido marito e spaventata che accada lo stesso alla figlia, ma anche come figura politica con la responsabilità di restituire la verità ai cittadini dell’impero. Non si può poi tralasciare Luthen Rael (Stellan Skarsgård), la controversa spia che orchestra la ribellione senza paura di ricorrere a mezzi brutali, di cui finalmente vediamo il passato. Ogni personaggio, ogni tasselo compone un quadro più ampio, un’orchestra che suona all’unisono.

Andor seconda stagione Mon Mothma

I personaggi che affiancano i protagonisti sono numerosissimi e contribuiscono tutti a rendere la serie quel che è, ma non si può tralasciare proprio lui: Cassian Andor. Pilota, spia, guerriero, disperato e affascinante allo stesso tempo, pronto a dare tutto per la sua causa, ma non privo di dubbi ed esitazioni. In questa stagione ci avviciniamo a lui con una lente d’ingrandimento per esplorarne morale e sentimenti, senza alcun filtro. Ogni azione che compie o che subisce, ogni scambio di frase che condivide con Bix, risuona più tragico conoscendo gli avvenimenti del film in cui è stato introdotto. I numerosi salti temporali poi contribuiscono a mostrarci i cambiamenti, solo apparentemente repentini, che lo rendono ogni volta più interessante. In questa stagione lo aspettano numerose avventure e soprattutto sofferenze, le quali è sempre chiamato ad affrontare.

I ribelli in questa stagione sono sfiancati. Le spie che si nascondono nei ranghi imperiali sono sempre meno e sempre più a rischio. Ma allo stesso tempo l’organo principale della ribellione è sempre più grande, più organizzato, si dota delle stesse regole contro le quali combatte, ed è sempre più incoerente. Siamo ben lontani dagli eroi senza macchia dei film originali. I protagonisti dunque titubano, si sentono fuori luogo in quella che dovrebbero chiamare casa, ma non per questo si arrendono. A pagare le conseguenze delle azioni dell’impero sono però soprattutto i cittadini, come nell’emblematico caso del massacro di Ghorman, evento centrale della trama di questa seconda stagione e sfruttato dall’impero per scacciare i civili dal loro pianeta e usufruire delle loro risorse, utilizzando una brutalità senza precedenti. Lo showrunner Tony Gilroy dimostra di non avere paura di affrontare temi attuali e mostrare cose a cui il pubblico Disney non assiste volentieri, preferendo guardare da un’altra parte. Ogni momento nella serie è di una portata politica e sociale enorme.

Sono veri e propri personaggi anche gli ambienti che fanno da sfondo a tutte le vicende, in particolare a rubare la scena sono i due pianeti opposti: Coruscant e Yavin. Il primo è una metropoli infinita a strati, in cui risiedono tutti gli organi principali dell’impero, il secondo è un pianeta tropicale costellato di foreste e rovine in cui ribelli si stabiliscono. Il contrasto però sarà ribaltato dalle prospettive di Cassian e Bix, che si sentono a casa nell’angusto appartamento in cui vivono nascosti per mesi su Coruscant, mentre non riescono a sentirsi a loro agio nella meravigliosa casa fra gli alberi di Yavin. Un altro luogo chiave è il pianeta Ghorman, ispirato in molti modi alla Francia, ma i cui abitanti sono liberamente ispirati ai partigiani italiani. Il pianeta e la sua capitale cambiano nel corso della stagione, mano a mano che aumenta la stretta della presa dell’impero su di esso.

La serie si conclude dopo due stagioni, senza avere bisogno di altre, poiché è un progetto concepito fin dall’inizio con un obiettivo in mente. Inoltre non teme mai di andare contro tutto e tutti, mettendo in luce criticità del mondo reale ancor prima che di quello di finzione. Si tratta di un progetto realizzato con passione e talento in egual dose, senza scendere a compromessi commerciali. Girloy e il suo team fanno scuola a tutta la tv contemporanea realizzando quello che sarà ricordato sicuramente come il miglior evento di tutta la saga decennale di Star Wars.

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