Wasp Network, la recensione del film su Netflix

wasp network

Anni ’90. Cinque cubani cercano di combattere il terrorismo filo americano. Con Wasp Network (qui il trailer), passato per la Mostra del Cinema di Venezia e ora disponibile su Netflix, Olivier Assayas decide di cambiare obiettivo, visione e genere. Dai drammi personali e individuali, visti in Sils Maria e Personal Shopper, di cui si mantiene il continuo emigrare dei suoi personaggi e l’assidua presenza dello schermo televisivo, si passa al racconto di diverse storie parallele, che trovano la loro unione in un evento realmente accaduto, dalle note spiccatamente thriller. Un thriller politico, che sembra abbandonare ogni espressione più poeticamente stilistica della Nouvelle Vague. Si approda, invece, in un’analisi intricata, ironica e senza pregiudizi del rapporto tra la Cuba di Castro e degli Stati Uniti, sempre più vistosamente capitalisti, come le prime immagini, stereotipate e ironiche, del panino di McDonalds cercano di sottolineare.

Tra pragmatismo, cinismo, paradossi e idealismo, Wasp Network è ispirato a Os últimos soldados da Guerra Fría: A história dos agentes secretos infiltrados por Cuba em organizações de extrema direita dos Estados Unidos, con il quale il giornalista Fernardo Morais cerca di raccontare l’impresa di una rete di spionaggio, la “Wasp Network”. Infiltrandosi nelle fila delle organizzazioni anti-castriste presenti in Florida, infatti, la “Wasp Network” tenta di combattere il terrorismo filo capitalista.

Wasp Network

Nel raccontare questa storia, il regista francese tradisce, però, i suoi fan: non per la tematica, che è simile a quella già adottata in Carlos, ma per la totale assenza di vicinanza psicologica ai suoi protagonisti. Esclusa Penelope Cruz, che, con il suo sguardo disperato e stanco, riesce a trasmettere un caleidoscopio di emozioni, i personaggi di Wasp Network non risultano approfonditi, ma semplicemente narrati. Caratteristica che enfatizza la capacità analitica dello spettatore. Uno spettatore che Assayas vuole stimolare a un’analisi oggettiva, che metta in luce i paradossi dell’uno e dell’altro fronte, mostrando anche il dolore, l’inutilità e l’insensatezza di quella che fu una vera e propria Guerra Fredda. Per farlo, lascia in disparte l’intimismo tipico dei suoi precedenti lavori. Adotta, invece, uno stile molto raffinato, ma che racconta poco e niente, lasciando campo libero ai semplici fatti.

Con Wasp Network il pubblico assiste a un’opera disomogenea, a metà tra il thriller politico e il docufilm. I protagonisti sono frammentati in piccole pedine di una scacchiera più grande di loro: la storia, la cronaca. Tuttavia, differentemente dalla precedente miniserie del regista (Carlos), la storia e la cronaca diventano così ingombranti, da eliminare ogni accenno di tensione. Assayas, dunque, porta a termine un film che di sicuro appassionerà gli studiosi della storia cubano-americana, ma che, invece, lascerà indifferenti e anche un po’ storditi gli amanti di un cinema, sì lucido, ma che possa toccare anche le corde dello stomaco.

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